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La grammatica cognitiva
Intervista a Ronald Langacker
di Giulia Andrighetto

Professor Ronald Langacker, partiamo da una domanda di natura generale: lei cosa intende per Linguistica Cognitiva? E quali sono i suoi vantaggi rispetto agli altri approcci linguistici?

La Linguistica Cognitiva si è sviluppata negli ultimi venticinque anni, e a livello mondiale è sempre più conosciuta e accettata. In contrasto con la visione modulare sposata dalla tradizione generativa, essa analizza il linguaggio, nei limiti del possibile, come un aspetto integrante della cognizione che dipende in modo decisivo da altri sistemi e da altre capacità (ad esempio la percezione, la categorizzazione, la coordinazione motoria). Piuttosto che come largamente innato, il linguaggio viene visto come qualcosa che si acquisisce attraverso interazioni linguistiche significative. Se all'interno della Linguistica Cognitiva vi sono molte questioni su cui non c’è accordo, si ritiene generalmente che le diverse posizioni conducano nell’insieme a una visione più naturale e empiricamente fondata dell’evoluzione, acquisizione e uso del linguaggio.

Se la visione generativista del linguaggio pone la sintassi al centro, la Linguistica Cognitiva afferma invece la centralità del significato. Si basa su una semantica concettualista che enfatizza la nostra multiforme capacità di concepire e ritrarre una situazione in modi diversi contemporaneamente. La Linguistica Cognitiva ha dimostrato l’importanza pervasiva di abilità immaginative come la metafora e il conceptual blending. Sono stati sviluppati strumenti descrittivi che permettono ai diversi aspetti delle strutture concettuali di essere caratterizzati in modo esplicito. Mediante questi strumenti è possibile mostrare con precisione il modo in cui espressioni linguistiche particolari assomigliano o differiscono nel loro significato, riuscendo così a fornire una base e dei principi per la previsione del comportamento grammaticale.

Con una semantica concettualista ben formulata e fortemente motivata nei propri termini, diventa chiaro come la grammatica in sé sia dotata di significato. Per esempio, gran parte dei giudizi di “non grammaticità” sono basati di fatto su un’anomalia semantica. Lo scopo centrale della Grammatica Cognitiva è di mettere in luce che la grammatica, così come il lessico, sia simbolica per natura, ossia consista in relazioni simboliche tra strutture semantiche e strutture fonologiche. Ciò non tanto per negare l’esistenza di elementi formali che costituiscono ciò che definiamo sintassi, che sono convenzionali e vanno appresi. Si tratta piuttosto di una concezione della natura degli elementi grammaticali diversa: invece di essere entità autonome, separate dal significato e dalla forma fonologica, sono unità costituite da un' unione di questi due poli. E' un'idea dell’organizzazione linguistica più esplicita e unificata dal punto di vista concettuale rispetto ad una visione che pone una componente sintattica autonoma. Inoltre, direi che rende conto della grammatica, nei propri stessi termini, in modo più esplicito e adeguato dal punto di vista linguistico.

Nella Grammatica Cognitiva da lei proposta, in opposizione radicale all’autonomia della sintassi promossa dalla linguistica generativa, è centrale un assunto: che esista un continuum tra grammatica e lessico, il che significa che le entità grammaticali, le categorie e le costruzioni hanno significato e sono distinte dal lessico non qualitativamente, ma solo per grado di astrazione. Può specificare in cosa consiste questa caratterizzazione della grammatica e su quale nozione del significato si basa?

Il fattore centrale è la nostra abilità di costruire la stessa situazione in modi differenti. Una dimensione di questa abilità è il livello di astrazione, vale a dire la gradazione da caratterizzazioni schematiche a caratterizzazioni specifiche, come nelle gerarchie lessicali cosa > animale > cane > barboncino. Gli elementi tradizionalmente considerati lessicali tendono verso il lato di maggiore specificità di questa scala. Quelli tradizionalmente considerati grammaticali tendono invece verso il lato schematico. In ogni caso si ha una gradazione, sia a livello semantico che fonologico. Sebbene generalmente schematici per quanto concerne il loro significato, gli elementi grammaticali sono fonologicamente specifici. E alcuni elementi lessicali, per esempio la cosa che troviamo in qualcosa (something, anything, eccetera), sono semanticamente più schematici degli elementi considerati grammaticali (come ad esempio le preposizioni).
In una visione simbolica della grammatica, tutti gli elementi grammaticali sono considerati dotati di significato, così come lo sono le costruzioni, le categorie di base (come nome e verbo) e le relazioni grammaticali (come soggetto, oggetto, complemento). La visione tradizionale per cui questi elementi sono semanticamente vuoti ha origine da determinate assunzioni sulla natura del significato linguistico che la semantica cognitiva ha mostrato essere errate: l’incapacità di riconoscere significati altamente astratti, l'idea che un elemento significativo debba avere un unico senso (piuttosto che essere polisemico), e la visione per cui i significati sono determinati oggettivamente (invece che essere concettuali). Quest’ultimo fattore è quello cruciale dal momento che i significati degli elementi grammaticali risiedono primariamente nella costruzione che impongono al contenuto concettuale più specifico fornito dagli elementi lessicali.
Prendiamo ad esempio la nozione di soggetto. La visione standard è che i soggetti non possano essere caratterizzati semanticamente, visto che il solo candidato evidente è quello di “agente”, e molti soggetti grammaticali sono non-agenti (ad esempio il soggetto in una costruzione passiva). Ma ciò non tiene conto della nostra capacità di costruire una situazione in modi differenti e dell’importanza decisiva di tale abilità per il significato linguistico. Una dimensione importante della costruzione del significato è la relativa prominenza (o salienza) conferita ai vari aspetti di una situazione, e un tipo di prominenza consiste nell’accordare lo status di figura primaria (rispetto allo sfondo) a uno dei partecipanti in una relazione. Si può pertanto osservare che la soggettività ha una portata concettuale, essendo il suo significato questione di costruzione del significato (figura primaria), piuttosto che di qualunque altro contenuto specifico (come “agente”). Ciò vale altrettanto bene per il soggetto di un verbo attivo, di un verbo passivo o di un qualunque altro genere di verbo.
Per esaminare un caso ulteriore, l’argomento classico per cui le categorie base non possono essere definite semanticamente presuppone che qualunque definizione si dovrebbe basare su proprietà oggettive delle entità denotate. Tale argomento afferma che la caratterizzazione di sostantivi come unità linguistiche indicanti oggetti e di verbi come indicanti eventi si dimostra errata se si prendono in considerazione coppie come esplodere ed esplosione: uno è un verbo e l’altro un sostantivo, però entrambi si riferiscono al medesimo evento. Questo argomento non riesce a tenere conto la possibilità di una caratterizzazione più astratta o dell’importanza semantica della costruzione del significato. Nella Grammatica Cognitiva, i sostantivi e i verbi sono caratterizzati astrattamente in base alla costruzione che impongono al contenuto concettuale, e lo stesso contenuto può in linea di principio essere costruito nell’altro modo. Qui è sufficiente notare che esplodere ed esplosione non sono semanticamente equivalenti, sebbene si riferiscano alla stessa entità oggettiva. In particolare, esplosione manifesta la nostra capacità di reificazione concettuale, laddove un evento viene costruito come cosa astratta. È questa abilità – che risiede in determinate operazioni concettuali – a fornire la definizione schematica della classe del nome.


Le operazioni di costruzione del significato e gli schemi di costruzione sono ingredienti decisivi nel suo approccio. Può darci una descrizione di cosa sono, come funzionano e qual è il loro ruolo nella spiegazione dei fenomeni grammaticali e lessicali e dei fenomeni delle espressioni complesse?

L'operazione di costruzione del significato è la nostra capacità di concepire e ritrarre la stessa situazione in modi differenti. Ciò implica l’intero spettro dei fenomeni concettuali trattati dalla Semantica Cognitiva: le capacità immaginative, la capacità di ritrarre a diversi livelli di schematicità, l’adozione di diverse prospettive, la selezione di cosa considerare e cosa ignorare, i diversi tipi di prominenza eccetera. Come ho già osservato, gli elementi grammaticali sono semanticamente schematici, i loro significati risiedono infatti primariamente nella costruzione di significato che impongono al contenuto concettuale evocato dagli elementi lessicali. La prominenza è particolarmente importante. Un tipo di prominenza, che io chiamo profilo, è la selezione di una qualche entità concepita – all’interno del contesto evocato – come ciò che una certa espressione indicherà o ciò a cui si riferirà. La concezione di un occhio, ad esempio, serve come base per termini come iride, pupilla e cornea che profilano differenti sub-parti.
Un' espressione può profilare sia una “cosa” che una “relazione”, da intendersi in termini astratti. Il profilo di un’espressione è ciò che determina la sua categoria grammaticale. In particolare, un nome profila una “cosa”, mentre un verbo profila un “processo”, una relazione seguita nella sua evoluzione nel tempo. Per le espressioni che profilano le relazioni, un secondo tipo di prominenza entra in gioco: la prominenza relativa conferita ai partecipanti nella relazione profilata. Le nozioni grammaticali di soggetto e oggetto possono essere caratterizzate semanticamente come partecipanti focali primari e secondari all'interno di una relazione profilata.
La grammatica consiste di modelli per combinare espressioni più semplici (parole) in espressioni più complesse (frasi, proposizioni). Nella Grammatica Cognitiva, questi modelli sono nient’altro che rappresentazioni schematizzate delle espressioni complesse che realizzano: ad esempio le loro caratteristiche comuni di organizzazione, che appaiono a un certo livello di schematicità. Astratti dalle espressioni vere e proprie, questi “schemi di costruzione” possono servire come modelli nella formazione e interpretazione di nuove espressioni. Una scoperta importante della Linguistica Cognitiva è che gli schemi di costruzione – essendo espressioni schematizzate – sono a pieno titolo entità dotate di significato, infatti il loro significato risiede prevalentemente nella costruzione che impongono. Espressioni complesse particolari si formano usando gli schemi come modelli, combinando elementi lessicali nella maniera che essi specificano. Gli stessi elementi lessicali possono spesso esser combinati in modi differenti, in accordo con diversi modelli, come nel caso dell' attivo/passivo. Dunque costruzioni differenti si impongono grammaticalmente sullo stesso contenuto.

Può darci un resoconto della lezione plenaria con cui ha concluso la Prima Conferenza di Linguistica Cognitiva del Regno Unito, "New Directions in Cognitive Linguistics" (23-25 October 2005, Brighton, UK)?


La prima parte dell'esposizione propone un resoconto unificato di vari fenomeni di solito considerati distinti, fra cui la metafora, il conceptual blending, la categorizzazione e la composizione grammaticale. Tutti esempi di collegamento diretto, dove una struttura viene usata come base per apprenderne un’altra. Queste nozioni sono poi applicate ad alcuni problemi teorici fondamentali, tutti riguardanti la relazione tra i sensi (cioè i significati distinti) di un elemento lessicale e gli ambienti grammaticali in cui esso appare. In particolare: un verbo ha un senso distinto corrispondente a ciascuna costruzione grammaticale in cui lo si trova regolarmente? O ha piuttosto un solo senso di base e gli altri aspetti del suo significato vengono ereditati dalla costruzione stessa? Suggerisco che l’emergenza di un senso lessicale distinto dipende da come il significato di base del verbo sta in relazione con la caratterizzazione semantica della posizione del verbo nello schema di costruzione.


È possibile fare una previsione sull’universalità degli schemi di costruzione del significato? Ed è corretto considerare tali schemi come universali genetici?

Certamente vi sono tendenze generali, tipi particolari di costruzioni che uno si aspetta di trovare in gran parte delle lingue se non in tutte. Al livello del dettaglio specifico, comunque, le costruzioni sono lingua-specifiche. Le costruzioni cui ci si riferisce come “passive”, per esempio, differiscono da lingua a lingua. Se adottiamo un approccio più astratto e cerchiamo di specificare cos’hanno in comune tutte queste costruzioni, ciò che ci rimane non è esattamente una costruzione grammaticale bensì una mera caratterizzazione di qualche funzione generale a cui le costruzioni variate possono adempiere. Nel caso dei passivi, si tratterebbe del bisogno di un modo in cui dare prominenza focale primaria a un partecipante della relazione, che altrimenti non avrebbe. Gli aspetti universali della grammatica riguardano soprattutto i costrutti descrittivi di base attraverso cui le costruzioni sono caratterizzate: nozioni come profilaggio, prominenza focale, prospettiva, eccetera. Gli stessi costrutti possono essere usati per caratterizzare costruzioni diverse. Che queste nozioni più fondamentali siano o meno universali genetici è una questione spinosa. Senza dubbio riflettono abilità innate, ma queste probabilmente sono solo adattamenti di abilità cognitive più generali, piuttosto che essere specificamente linguistiche.

Professor Langacker, nella sua caratterizzazione della struttura semantica e degli schemi di costruzione del significato, spazio e visione giocano un ruolo centrale. Sono sufficienti o è necessario prendere considerazione anche altre dimensioni?

Io ho sempre fatto attenzione a non fare affermazioni troppo forti sul ruolo dello spazio e della visione nella struttura semantica e grammaticale. Il mio uso frequente dei diagrammi è euristico: non si pretende che in sé questi diagrammi siano un formalismo descrittivo o una rappresentazione diretta della struttura concettuale. Allo stesso tempo, ho osservato spesso che i costrutti descrittivi di base (come la specificità, il profilaggio e la prominenza focale) hanno evidenti analoghi nella percezione visiva. Che queste nozioni concettuali rappresentino l’applicazione estesa delle abilità percettive o siano piuttosto entrambe manifestazioni di capacità più generali, si dimostrerà essere, nel lungo periodo, un problema di definizione piuttosto che una questione empirica. In ogni caso, non faccio assunzioni a priori su questo aspetto.
Ho osservato che lo spazio è un “dominio base”, ovvero una dimensione del potenziale concettuale cognitivamente irriducibile. Il tempo è un’altra di tali dimensioni. Un terzo dominio è il color space: la gamma di sensazioni legate al colore di cui siamo in grado di fare esperienza. Domini di base analoghi vengono definiti dagli altri sensi. Se possibile dobbiamo riconoscere domini emotivi dello stesso tipo. Qualunque sia l’inventario specifico, questi domini di base non possono essere ridotti l’uno all’altro, neppure se – a livelli più alti di organizzazione concettuale – uno può essere usato come base metaforica per apprenderne un altro (ad esempio lo spazio per il tempo). Presumibilmente noi costruiamo il nostro mondo concettuale da concezioni che emergono nei domini di base. Per propositi linguistici, comunque, in genere abbiamo bisogno di partire dalle concezioni di livello più alto. Per descrivere il significato di Gennaio, per esempio, non è ottimale partire dall’esperienza base del tempo che passa. Il punto di partenza descrittivo, invece, è la concezione di più alto livello del ciclo del calendario, costruito mentalmente per tener traccia e quantificare il passaggio del tempo.

In linea con la tradizione fenomenologica, lei assume una relazione forte tra azione, percezione e cognizione. Come teorizza questa relazione? C’è un approccio particolare percezione attiva (enactive perception) che si adatta alla sua teoria cognitiva del linguaggio?

Tutte le nozioni teoretiche e descrittive adottate dalla Grammatica Cognitiva sono motivate da considerazioni linguistiche. Si sta facendo un tentativo di non porre niente che sia implausibile dal punto di vista psicologico, e si fanno anche delle connessioni, se paiono appropriate (per esempio con la organizzazione figura/sfondo e la categorizzazione per prototipi). Ma la Grammatica Cognitiva è una teoria linguistica e non si basa in via diretta su nessun modello psicologico. Più in generale, le nozioni essenziali della Semantica Cognitiva – costruzione del significato, spazi mentali, blending – presentano una visione della cognizione umana considerevolmente più ricca di quella genericamente riscontrabile nei modelli psicologici.

Penso che la struttura linguistica abbia sede in ultima analisi in modelli di attivazione neurale, e che dunque sia intrinsecamente dinamica. Non è questione di strutture statiche immagazzinate in quanto tali nel cervello, ma di attività di processamento (anche se per convenienza analitica riusciamo a fatica a evitare rappresentazioni statiche come diagrammi e formule). Sono pienamente d’accordo con la tendenza attuale nella LC a considerare le strutture semantiche come simulazioni mentali. Per esempio, un aspetto importante del significato di camminare è una simulazione mentale dell’esperienza del camminare. Queste simulazioni possono avvenire a vari livelli di astrazione, tenendo presente l'esperienza principale sulle quali esse sono basate. Credo che le nozioni di base della grammatica portino tale astrazione a dei gradi molto alti, ma abbiano comunque una base esperienziale. Ad esempio, la caratterizzazione schematica di un verbo, che indica una relazione seguita nella sua evoluzione lungo il tempo, è semplicemente una versione astratta dell'esperienza nel tempo reale degli eventi.

Negli ultimi anni le neuroscienze hanno portato dati relativi ai neuroni specchio. Questi neuroni sembrerebbero portare delle evidenze interessanti all'ipotesi che alla base del linguaggio vi siano dei meccanismi di natura senso-motoria. Cosa ne pensa a riguardo?

Non dispongo delle competenze tecniche per commentare questi dati, che peraltro non ho motivo di mettere in discussione. Potenzialmente però la scoperta dei neuroni specchio è molto importante. Essi offrono una base neurologica per le simulazioni mentali, per le quali esiste un corpo di prove sperimentali in continua crescita. Essi offrono anche una base neurologica alla nostra capacità di leggere le intenzioni degli altri e di apprendere la natura della loro esperienza. Naturalmente ciò è assolutamente essenziale per l’acquisizione del linguaggio e per lo sviluppo cognitivo. Devo lasciare ogni discussione dei dettagli agli esperti. I neuroni specchio, però, sembrerebbero fornire una base per poter colmare il divario tra il livello neurologico e il livello dei fenomeni linguistici specifici.

 

(traduzione dall’inglese a cura di Giulia Andrighetto)

PUBBLICATO IL : 12-07-2006
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Tema
La linguistica cognitiva
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