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Margherita Hack, Qualcosa di inaspettato. I miei affetti, i miei valori, le mie passioni.
Laterza, 2004

di Simone Notargiacomo

E’, questo, l’ultimo libro di Margherita Hack, la popolare studiosa italiana di astrofisica: si tratta di un’opera autobiografica, nella quale l’autrice ripercorre alcune fasi salienti della sua vita. Nella prima parte del testo, a tutti gli effetti un diario, la Hack ci descrive la sua vita a partire dall’infanzia, durante il ventennio fascista, fino ad arrivare al primo periodo successivo alla laurea, nel dopoguerra: veniamo così a conoscenza delle case che ha abitato, le idee e la situazione economica dei genitori, le amicizie, gli amori, i luoghi frequentati da bambina a Firenze, la scuola, la passione per lo sport (atletica), l’università e la crescente propensione per gli studi di Fisica.
L’autrice, però, non si limita a raccontarci ciò che l’ha riguardata ma, attraverso le sue esperienze, riesce anche ad offrirci un quadro interessante della situazione italiana di quegli anni; le descrizioni sono, infatti, sempre condite da un’analisi socio-economico-politica che risulta di particolare rilievo e che serve alla Hack per spiegarci il periodo storico in cui è vissuta e, di conseguenza, il modo in cui sono sorte le idee e gli ideali politici che hanno caratterizzato la sua esistenza. Il racconto si sofferma nella descrizione del periodo universitario, della difficile scelta circa gli studi da intraprendere e dei sacrifici suoi e dalla sua famiglia per portarli avanti; veniamo così a sapere, ad esempio, che la scelta della facoltà di Fisica, fonte di grandi soddisfazioni future, fu al tempo quasi casuale.

Caratteristica del libro, come già accennato, è l’importanza che l’autrice rivolge sempre al contesto in cui si è svolta la sua vita, ed infatti i racconti riguardanti i suoi studi sono integrati da quelli relativi a ciò che succede intorno alla giovane Hack: assistiamo, così, alla descrizione della reazione dei Fiorentini alla caduta del Fascismo, il 25 luglio 1943; e, durante il periodo di scrittura della tesi di laurea, è molto interessante il racconto dei combattimenti tra Partigiani, Alleati e Tedeschi; o quello dell’8-8-1944, giorno in cui i Tedeschi fuggono da Firenze, abbattendo quasi tutti i ponti sull’Arno e causando disagi per molti mesi ai cittadini, come l’interruzione dell’erogazione di acqua ed energia elettrica.
A proposito della tesi, in un simpatico aneddoto la Hack ci rivela che solo per caso si ritrovò a lavorare in Astronomia, all’Osservatorio di Arcetri, quasi costretta dalle contingenze!
Questa sorta di diario prosegue con la descrizione del periodo post lauream e dei viaggi all’estero (Francia, Olanda, USA, Messico) per ricerche e collaborazioni, che permettono all’autrice di accrescere il proprio bagaglio di esperienze e di conoscere il mondo internazionale della ricerca; e quest’ultimo aspetto a più riprese viene da lei segnalato come fondamentale per la carriera di uno scienziato.
Il 1964 è un anno cruciale, perché l’autrice vince il concorso per la cattedra di Astronomia a Trieste. A tal proposito, il racconto delle difficoltà incontrate per attriti con il suo predecessore in quella posizione, il quale, in modo molto “baronesco”, “sponsorizzava” un suo alunno al posto della Hack, che pure aveva più titoli ed esperienza, è sintomatico di quanto poco sia cambiata l’università italiana da 40 anni a questa parte…
Il libro prosegue con la descrizione delle iniziative promosse dall’autrice che hanno permesso all’Osservatorio di Trieste di diventare uno dei maggiori centri italiani per l’Astronomia, noto e stimato anche all’estero; e ciò è avvenuto nonostante le molteplici difficoltà create dal sistema universitario e di ricerca del nostro Paese, governato da logiche di potere e da campanilismo.

Queste osservazioni aprono la strada alla seconda parte del libro, nella quale la Hack si immerge in riflessioni riguardanti il lavoro quotidiano dello scienziato, i suoi scopi e i mezzi utilizzati. Si passa così a meditazioni di carattere più teorico/professionale.
Sono molto interessanti le riflessioni circa l’importanza per uno scienziato di conoscere in maniera approfondita gli strumenti utilizzati, in modo da saper identificare e stimare eventuali errori: agli inizi della sua carriera da ricercatrice, invece, non era ritenuto fondamentale, tra gli astronomi, dedicare attenzione a questo aspetto. La Hack ci porta l’esempio dello studio di uno spettro di emissione di una stella, suo campo iniziale di ricerca, e di tutte le possibili cause d’errore che questo comporta, dalla turbolenza atmosferica, agli errori nello sviluppo o nella stampa di una lastra fotografica, fino alla distrazione di un astronomo che fuma nella camera in cui sono in funzione gli strumenti, alterando il risultato ottenuto a causa delle sostanze contenute nel fumo della sigaretta.
Altrettanto importanti i consigli relativi alla necessità, da parte di un ricercatore, di tenersi continuamente aggiornato sulla letteratura: studi analoghi ai propri spesso sono, o sono stati, portati avanti da altri all’estero, per cui occorre evitare di “scoprire l’ombrello” (cioè di dedicarsi alla ricerca di cose già studiate e identificate). Questa riflessione porta la Hack a sottolineare l’importanza dello sviluppo tecnologico (computer, internet, nuovi strumenti e possibilità), che, oltre a velocizzare e migliorare la strumentazione – pur generando nuove possibilità di errore, sempre da valutare -, permette anche una comunicazione molto più veloce tra i vari studiosi sparsi nel mondo.
Nonostante si tratti di aspetti più tecnici della vita di uno scienziato, l’attenzione al contesto socio-politico, in particolare italiano, è ben presente anche in questa parte del libro: sono molto amare le considerazioni espresse circa lo stato della ricerca in Italia, la scarsità di fondi, la poca considerazione dell’ambito scientifico come produttore di cultura (tesi, secondo l’autrice, legata all’idea crociana secondo cui la cultura pura è solo quella umanistica) e il tentativo di sottolineare solo le ricadute commerciali delle ricerche (ad esempio, lo sviluppo di brevetti). Una segnalazione merita anche la presa di posizione dell’autrice circa la cosiddetta “fuga dei cervelli”: secondo lei, infatti, il problema non è tanto quello della fuga di giovani ricercatori all’estero, quanto quello delle condizioni inesistenti per un loro rientro, dopo un certo periodo.
La terza ed ultima parte del libro, infine, si sofferma a descrivere i valori che hanno caratterizzato la vita della Hack: la fede nella razionalità, con la quale giustifica la sua fiducia nella scienza e il suo ateismo, le proprie idee sull’universo, sulla vita e sulla morte, le proprie posizioni in termini di bioetica (accanimento terapeutico e testamento biologico), il vegetarianismo, la condizione delle donne e l’importanza della tolleranza. Tutte queste sono idee e posizioni che si sente di dover rivendicare soprattutto oggi, in rapporto a ciò che sta succedendo nel mondo (globalizzazione, terrorismo, guerre, situazione del Terzo mondo, migrazioni di massa, legislazione su temi di ordine bioetico…).
Uno degli aspetti più interessanti del libro, lo ribadiamo, è proprio la coniugazione ben riuscita tra un approccio dedicato alla vita professionale dell’autrice come scienziato – ai suoi valori, alle difficoltà incontrate, ai problemi risolti, alla passione che ha caratterizzato il suo lavoro – con una continua attenzione al contesto sociale, politico ed economico in cui la sua carriera di ricercatrice si è svolta – da non dimenticare che la Hack ha anche preso parte attivamente alla vita politica, per esempio come consigliere comunale a Trieste negli anni ’90. Ciò, d’altronde, si sposa bene con l’immagine che abbiamo della Hack, come di una scienziata “militante”, sempre impegnata e in prima fila in lotte e battaglie sociali e politiche.
Un accenno allo stile del libro: è discorsivo e molto chiaro, come si addice ad un libro autobiografico ma anche divulgativo, e rende la lettura scorrevole e piacevole. La lettura è consigliata a chi abbia voglia di conoscere meglio il personaggio pubblico Margherita Hack, la sua storia, le sue convinzioni, ma, nonostante il carattere limpidamente autobiografico, non è affatto privo di considerazioni, consigli e spunti interessanti da un punto di vista metodologico e deontologico, per un lettore più incuriosito da considerazioni relati

PUBBLICATO IL : 19-03-2006
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