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Telmo Pievani, Introduzione alla filosofia della biologia.
Laterza, 2005

di Matteo Mauro

Che cos’era dunque la vita? […] era la spudoratezza della materia diventata sensibile, era la forma impudica dell’essere […] turgore fatto di acqua, albumina, sale e grassi, che si chiamava carne e diventava forma, nobile immagine, bellezza, ma che nello stesso tempo significava compendio d’ogni sensibilità e desiderio.
Citando Thomas Mann (La montagna incantata) Pievani sceglie di iniziare il suo lavoro: Introduzione alla filosofia della biologia, scelta che porta il lettore subito in re, di fronte al problema principale della vita: fenomeno naturale a metà strada fra materia e forma, impossibile da definire univocamente e con precisione in un campo piuttosto che nell’altro. La biologia, ci dice apertamente Pievani, è chiamata a creare un orizzonte di senso entro cui spiegare quel passaggio che dalla materia inorganica ci porta a parlare di essere «vivente». In quanto tale la biologia è dunque per definizione una scienza di confine, il cui oggetto sfuma e sfugge alla definizione poiché rientra nel dominio delle leggi fisico-chimiche, in quanto fenomeno naturale, ma al tempo stesso non può trovare in esse una completa spiegazione. La “tentazione” di ricorrere all’aiuto di un deus ex machina è forte, e non è un’ipotesi che appartiene al passato, i recenti tentativi di equiparare l’insegnamento scolastico dell’ipotesi “creazionista” a fianco di quella darwiniana, come fossero due ipotesi scientifiche contendenti e di pari dignità, parlano da sé. La complessità dell’oggetto di studio della biologia invita pericolosamente a “scorciatoie” che introducono elementi esterni di giustificazione epistemica. Altresì Pievani è molto chiaro su tale argomento. La vita è sicuramente un elemento eccezionale nel sistema naturale – da un punto di vista meramente termodinamico è un po’ come se ci occupassimo di una piccola isola in oceano sconfinato. Ma tale statuto eccezionale non è dovuto a “forze” dalla dubbia provenienza. L’insegnamento di Darwin è stato quello di volere dare ragione della materia vivente in un’ottica strettamente naturalista. La selezione naturale, l’evoluzione, l’adattamento, sono concetti che non richiedono per essere compresi alcuna intenzionalità o spiritualità. L’indifferenza e inesorabilità della natura sono principi fondanti della biologia, come del resto l’intero pensiero scientifico.

Pievani ha il pregio di mantenere salde tali caratteristiche durante la chiara descrizione delle diverse ipotesi e dei relativi dibattiti che la filosofia della biologia ha sostenuto e sotiene fino ad oggi “all’ombra di Darwin”. Punto di forza di tale testo è proprio quello di presentare al lettore la biologia, e il dibattito epistemologico che la riguarda, senza oscurare i punti di più accesa contesa e discussione. Sebbene, in tempi come questi, si possa correre il rischio di descrivere la scienza tralasciando il suo pur inevitabile bagaglio di incertezza e discussione, per opporla a sistemi culturali che al contrario fanno della stabilità e della quasi totale assenza di dibattito i propri punti fondanti, Pievani non si lascia tentare. Anzi egli ritiene che mostrare la discussione e il dialogo, anche se a volte dai toni polemici, aspri e incandescenti, sia sintomo della buona salute della biologia, di una sua fertilità epistemica. Senza alcun dubbio è questo il modo migliore per introdurre il lettore, di qualsiasi livello culturale, alla “frequentazione” del mos scientifico, al suo rigore e alla sua coerenza che trovano giustificazione proprio nell’esigenza del dialégesthai.

Dicevamo, prima, che la biologia è una disciplina di confine in relazione al contenuto dei suoi studi, ma tale caratteristica emerge in tutto il suo peso filosofico anche da un punto di vista formale e strutturale. Le scienze della vita da un lato condividono le modalità teoriche delle scienze quali la fisica e la chimica, cioè l’esigenza della misurazione, del contare e calcolare i fenomeni analizzati, dall’altro non possono fare a meno dell’elemento storico, di ricostruzione di fatti ed eventi a partire da “documenti” frammentari e incompleti. La biologia non può sperimentare in laboratorio “riavvolgendo” il tempo. Per tale disciplina il flusso temporale è inesorabilmente orientato in una sola direzione. Pievani mette in luce tale aspetto che costringe il biologo e il filosofo della biologia a destreggiarsi contemporaneamente con due paradigmi epistemici: quello matematico-scientifico e quello storico-indiziario. In biologia il dato scientifico è al tempo stesso elemento di una storia della natura e di una misurazione della natura. La riflessione filosofica è dunque mirata soprattutto nella definizione dei pattern, delle configurazioni che la struttura della storia naturale assume. La biologia è racconto scientifico che oscilla fra contingenza e determinazione, fra una filosofia della storia “gradualista” ed un’altra che vede l’evoluzione svolgersi secondo un equilibrio punteggiato, fra una concezione lineare e riduzionista ed una sistemica e strutturalista.
Il lavoro di Pievani è dunque degno d’essere letto ed apprezzato per la chiarezza della sua prosa, la ricchezza del materiale bibliografico che permette un facile approfondimento delle tematiche affrontate. Ma soprattutto, sebbene l’autore volesse scrivere soltanto una sintetica introduzione ad alcuni temi di fondo della disciplina, dobbiamo considerare questo libro come un ottimo esempio di comunicazione scientifica, come la possibilità di guardare da una posizione privilegiata lo stato di una scienza ancora giovane e in fieri e per questo piena di sfide per la razionalità umana.

PUBBLICATO IL : 18-04-2005
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