interviste,  articoli, approfondimenti interviste,  articoli, approfondimenti recensioni, segnalazioni, novita editoriali Tutti i link della filosofia dizionario dei filosofi seminari, presentazioni,  convegni
by google
www giornale di filosofia
scrivici Chi siamo / info news letter link non attivo

 

Nicola Comerci (a cura di), L’enigma della trascendenza, Riflessi etico-politici dell’alterità.
Editori Riuniti, 2006

di Giusy Nieddu

Oltre all’accezione meramente religiosa dell’ontoteometafisica occidentale, l’“enigma della trascendenza” rilevato da Husserl è ri-pensato, nel volume proposto da Nicola Comerci, in termini di una immanentizzazione della trascendenza che ne sottolinea il rapporto con l’alterità in chiave ontica, verso il mondo, e in chiave ontologica, verso l’altro. L'autentico legame filosofico della trascendenza non è col fondamento (e le sue dinamiche causali) ma con il senso, il cui libero esporsi si dà “nel momento in cui si trascende in esso” [p.25].
Sicché un discorso sulla trascendenza apre nell'esteso contributo introduttivo di Comerci Trascendenza, senso, politica. Verso Jean-Luc Nancy [pp. 13-106] anche all'interesse per la filosofia politica di Nancy, che ridefinisce il trascendere  nel quadro di una fattività assoluta, fuori da una trascendenza oltremondana: il mondo non hama è il senso, l’esistenza non ha ma è il senso [J.L. Nancy, cit. a p.76]. La crisi dell’ontoteometafisica è una “chance imprevista offerta dal nichilismo”. Se il sistema metafisico aveva “oscurato” la comunione ontologica originaria, Nancy propone il passaggio dalla metafisica della sostanza alla co-ontologia: l’ontologia della relazione. Può fuoruscire dalla decostruzione della “dicotomia trascendenza-immanenza” la “transimmanenza” dell’“essere-in-comune”. La trascendenza ontologica è intersoggettività “secondo una prospettiva non fondazionale né sostanziale bensì relazionale di co-appartenenza archioriginaria” [p.28], che “delocalizza” il fondamento sino al piano  comunitario [p.61], sul qualeil senso si espone come partage: “spartizione” e “condivisione” (del “limite” e del con) in una  venuta infinita. La comunità è lo spazio della “esibizione dell’essere-in-comune come dis-posizione” [J.-L. Nancy,  cit. a p.94].
Nancy è punto d'arrivo anche per il transito sull'alterità proposto da Lo spazio dell’altro. Prossimità e responsabilità tra etica e politica, [pp. 243-256] di Massimo Fiorio, che, attraverso Levinas, Derrida, Nancy, si muove oltre il soggetto in direzione della comunità, chiedendosi “in che modo la rottura di una metafisica ontopologica rimetta in questione, attraverso la problematizzazione dei confini e delle demarcazioni, la differenza tra io e l’altro” [p.256]. 

L'altro diventa, nella visuale dei Modelli dell'alterità di Giovanni Invitto [pp. 129-138],  tra antropologia (Zamboni e De Martino) e fenomenologia – con particolare riferimento alla fenomenologia della percezione merlau-pontyana e a Sartre – l'“altro come assenza”: “l’Altri come lacune: egli manca alla mia percezione come percezione di oggetto, mi è zona interdetta” [p.133].
La trascendenza dell'alterità è ritrovata dalle De-figurazioni della trascendenza in Jean-Luc Marion [pp. 187-208] di Carla Canullo nel fenomeno erotico di Marion:  l’“amore” è “prima e ultima defigurazione della trascendenza” [p.201], “nella quale ne va del suo essere, della sua individuazione in quanto ‘questo ego’” [p.202].
Trapassata nell’alterità, la trascendenza è anche quella della “vita intera”e della “ulteriorità del mondo quale correlato indispensabile della vita” [p.241]. La prima, connessa alla Responsabilità, per Paolo Piccollella, in Aperture della trascendenza. La presenza dell’Altro nel discorso etico-politico di Hans Jonas, [pp. 257-270] – prevale in Jonas persino sulla trascendenza di Dio; la seconda è la “trascendenza dell'immanenza” e deriva, nel Reinach letto da Salvatore Patriarca – in Per un’esperienza dell’altro. Un frammento fenomenologico di Adolf Reinach [pp. 231-242] – dalla trascendenza di Dio, (che, nella fenomenologia dell’esperienza religiosa reinachiana, si immanentizza in noi, in una “coappartenenza di immanenza e trascendenza” [p.233]). Per lo Jonas di Piccolella: “Dio, una volta dato l’essere alla creatura in grado di riconoscerlo come assolutamente Altro e Oltre-sé, si affida completamente alla capacità di tale riconoscimento, anche rischiando la prova dell’ateismo” [p.263].
Laddove la trascendenza è ripresa nei suoi caratteri religiosi da Giovanni Ferretti in Trascendenza teologica non violenta in Emmanuel Levinas [pp. 107-128], è la “Trascendenza assoluta” del Dio di Levinas  “non contaminato dall’essere”, che lascia “l’autonomia e la libertà dell’umano” e, contro la “violenza” del sacro, apre la possibilità dell’ateismo metafisico [p.111].  Trascendenza che si dà “nel modo della traccia e dell’enigma”: “né per presenza disgelata che si impone, né per dimostrazione razionale inoppugnabile” [p.126], nella Testimonianza dell’Infinito da parte della soggettività responsabile e nella Fenomenologia del volto.

Prende le mosse dalle svolte della filosofia del Novecento intorno alla “dilatazione vitale delle categorie della metafisica” anche l'Ermeneutica del Bene di Roberto Mancini, che, in Trascendenza del Bene e rinnovamento della filosofia. Una prospettiva maieutica [pp. 175-186],  identifica con la trascendenza la “differenza del Bene”, il cui rapportarvisi impone un “metodo passivo-maieutico” [p.177], in cui salta “lo schema soggetto-oggetto” [p.183].
“Non necessariamente la trascendenza implica un rapporto di causazione o generazione. Una trascendenza forte può essere priva di relazione causativa” [p.292] specifica Massimo Prampolini in Linguaggio e trascendenza [pp. 271-300], che analizza la manifestazione della trascendenza nel linguaggio e tenta di ricondurla all'ambito semiotico dello “stare per”, al di là di riduzionismi mistici o scientisti [p.285].
Se la trascendenza è in rapporto all'origine, per la “trascendenza della differenza”, che Sergio Labate indaga in Heidegger ne L’avvenire dell’origine. Note ai margini di Heidegger [pp. 209-230], l'origine non è mai presente [p.217]: “in questa irriducibile non coincidenza dell’origine, l’essere si manifesta nella sua trascendenza-trascendenza dell’origine” [p.229].
“L’attrazione verso un’Origine, un Principio, un Fondamento, seppure fuori di ogni presa tematica è sottoposta a una decostruzione radicale” [p.169], secondo l’interpretazione di Carmelo Meazza nel complesso contributo L’idealismo hegeliano tra Heidegger e Gentile [pp. 139-174], più in là di Heidegger, in Gentile. Partendo dal commento all’hegeliano: “L’Assoluto è già in sé e per sé presso di Noi e vuol essere presso di noi” ripreso da Heidegger [Hegel, Heidegger, cit. p.146], Meazza ritrova nella Lichtung heideggeriana l’economia concettuale di un primo e un secondo piano, mentre nell'Atto del Pensiero Pensante di Gentile la claritas di una“apertura teologica” all’esperienza cristiana, fuori dalla ontoteologia.

PUBBLICATO IL : 27-04-2008
@ SCRIVI A Giusy Nieddu
 

www.giornaledifilosofia.net - rivista elettronica registrata - ISSN 1827-5834