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Plessner e Weizsäcker
Le fonti della conoscenza medica
di Oreste Tolone

Tra il 1922 ed il 1923 sulle pagine del «Wiener Klinische Wochenschrift» avvenne uno scambio di opinioni tra Helmuth Plessner, trentenne libero docente all’Università di Köln, e il dott. Viktor von Weizsäcker, all’epoca direttore del reparto di Neurologia della Clinica Medica di Heidelberg. Il retroterra di tale confronto è il dibattito sul vitalismo ˗ entrambi infatti avevano avuto Hans Driesch come maestro: Plessner consegue con lui e con Max Scheler la libera docenza, mentre Weizsäcker lo conosce personalmente, essendo egli insegnante ad Heidelberg. Presto però il tema della discussione tra i due si sposta sul pensiero medico e le sue fonti di conoscenza. Entrambi infatti sono interessati più che altro a comprendere come il vitalismo e il conseguente rifiuto del riduzionismo meccanicistico possano modificare il lavoro e il compito del medico.
Nel suo saggio Vitalismus und ärztliches Denken (1922) Plessner parte dal presupposto che più si rafforza l’idea che il singolo organismo è un tutto, una totalità (Ganzheit) e non semplicemente la somma delle singole parti, più diventa urgente sottoporre a una profonda revisione i fondamenti della patologia generale. La cura dell’essere vivente che abbiamo di fronte, cambia in base all’idea di vita che noi possediamo. Ora il principale guadagno della filosofia di Driesch non è tanto il vitalismo in quanto tale. Plessner infatti, d’accordo con Weizsäcker, ritiene che un simile procedimento sia metodologicamente improponibile e che si basi su una rappresentazione troppo semplice delle macchine e del meccanicismo (si pensi al modello cibernetico Bertalannfy). Quello che però Plessner sembra apprezzare del vitalismo è soprattutto: 1. L’impossibilità di accettare la teoria meccanicistica, in base alle conoscenze possedute dei processi biologici 2. Il recupero dell’organismo come unità e totalità 3. Il recupero del tema dell’individualità. In linea con Nietzsche, Dilthey, Bergson e Spengler, la vita appare come forza sintetica. La dimensione enigmatica e creativa (das Schöpferische) che si rivela nell’autonomia del vivente mostra l’insufficienza della trattazione puramente fisico-chimica del fenomeno della vita.

 

 

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PUBBLICATO IL : 24-06-2010
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Tema
Antropologia filosofica
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