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Il testamento del nome. Venti volte Breton
di Valerio Magrelli

 

Il titolo di questo intervento si riferisce al paradossale impiego cui André Breton sottopose il proprio nome in un testo poetico del 1923. In particolare, si cercherà di esaminare il modo in cui l'autore perseguì l'intento di disinnescare la potenza individuante del patronimico, mettendo così in crisi il ruolo di firmatario. Estremamente ampio è l'orizzonte teorico in cui si situa la sua riflessione. Basti pensare che, se nell'articolo del 1898 sul Meccanismo psichico della dimenticanza (confluito tre anni dopo in Psicopatologia delle vita quotidiana), Sigmund Freud rilevava lo stretto nesso tra oblìo e nome proprio, più tardi, sempre a partire dallo stesso testo, Jacques Lacan elaborerà la sua definizione dell'inconscio come essenzialmente legato alla funzione del nome…

Nota bio-bibliografica: Valerio Magrelli, nato a Roma nel 1957, insegna letteratura francese presso l’Università degli Studi di Cassino. Fra i suoi lavori critici, Profilo del Dada (Lucarini 1990, Laterza 2006), Poeti francesi del Novecento (Lucarini 1991), La casa del pensiero. Introduzione all'opera di Joseph Joubert (Pacini 1995, 2006) e Vedersi vedersi. Modelli e circuiti visivi nell'opera di Paul Valéry (Einaudi 2002, L’Harmattan 2005, Prix Littéraire de Francesistica des Thermes de Saint-Vincent 2004). Ha pubblicato tre raccolte di versi (Ora serrata retinae, Feltrinelli 1980, Nature e venature, Mondadori 1987, Esercizi di tiptologia, Mondadori 1992), riunite nel volume Poesie e altre poesie (Einaudi 1996), cui hanno fatto seguito il poemetto Didascalie per la lettura di un giornale (Einaudi 1999) e le prose intitolate Nel condominio di carne (Einaudi 2003). Nel 2002 l’Accademia Nazionale dei Lincei gli ha attribuito il Premio Antonio Feltrinelli per la poesia italiana.

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PUBBLICATO IL : 01-08-2008


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