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Leopardi: Dialogo di un Fisico e di un Metafisico
Arte di prolungare la vita o arte della felicità?
di Massimiliano Biscuso

Sommario: L'analisi di un celebre testo delle "Operette morali", il "Dialogo di un Fisico e di un Metafisico", rivela la presa di distanza critica di Leopardi rispetto alla "macrobiotica", l'arte di prolungare la vita umana, propugnata dal medico tedesco Ch.W. Hufeland. All'arte di vivere lungamente Leopardi oppone la difficile arte di vivere felicemente, cioè la necessità di ricercare una vita viva e degna di essere vissuta.
Indice: 1. Contro l’arte di prolungare la vita, ovvero Leopardi e la macrobiotica di Hufeland 2. Esiste l’arte di vivere felicemente?
Prima pagina: Incastonato tra La scommessa di Prometeo e il Dialogo di Torquato Tasso e del suo Genio familiare, cioè tra due operette che tematizzano l’universale infelicità umana e il peso della noia, il Dialogo di un Fisico e di un Metafisico difende la tesi paradossale della preferibilità di una vita breve alla prospettiva di una lunga vita. L’inizio dell’operetta è memorabile per icasticità e levità dell’ironia: FIS. Eureca, eureca. MET. Che è? che hai trovato? FIS. L’arte di vivere lungamente. MET. E cotesto libro che porti? FIS. Qui la dichiaro: e per questa invenzione, se gli altri vivranno lungo tempo, io vivrò per lo meno in eterno; voglio dire che ne acquisterò gloria immortale. MET. Fa una cosa a mio modo. Trova una cassettina di piombo, chiudivi cotesto libro, sotterrala, e prima di morire ricordati di lasciar detto il luogo, acciocché vi si possa andare, e cavare il libro, quando sarà trovata l’arte di vivere felicemente. In poche battute si delineano subito le opposte prospettive di cui il Metafisico e il Fisico si fanno portavoci: “l’arte di vivere felicemente” contro “l’arte di vivere lungamente”. E tutto il dialogo sarà scandito dalla tensione fra le due prospettive, inconciliabili tra loro, perché qualitativa la prima, quantitativa la seconda: “felicemente-lungamente”, “vivere-durare”, “vita viva-pura vita”. Fermiamoci innanzi tutto sui due protagonisti del dialogo , personificazioni di diversi atteggiamenti moderni verso il sapere e, più in generale, la vita. Il Metafisico rappresenta il pensatore che, grazie alla scelta della solitudine, matura una distanza critica dal proprio tempo e le opinioni correnti, tenendosi fermo alla considerazione degli “uomini come parte dell’universo; della natura, del mondo, dell’esistenza”. Il Fisico impersona invece quel tipo di scienziato moderno che opera ingenuamente – non perché siano ingenui gli strumenti e i metodi della scienza: Leopardi non metterà mai in dubbio il valore della conoscenza scientifica, né la sua opera di correzione degli errori e dei pregiudizi –, in quanto, non comprendendo le conseguenze metafisiche delle proprie scoperte , crede che la scienza possa conciliarsi o almeno convivere con le “superbe fole” degli uomini e che un maggior sapere accresca necessariamente la felicità; tesi che, come noto, Leopardi respinge con fermezza. Perciò il primo guarda “pel sottile” e il secondo “alla grossa”: mentre il Metafisico si allontana da quanto gli uomini si immaginano di essere e amano credere riguardo alla vita, il Fisico concorda con le loro rassicuranti convinzioni. Se dietro la figura del Metafisico è legittimo riconoscere alcuni fondamentali tratti del pensiero leopardiano (non Leopardi tout court, si badi bene), dietro la stilizzazione letteraria del Fisico troviamo un personaggio storico in carne ed ossa: il medico tedesco Christoph Wilhelm Hufeland, inventore della “macrobiotica”, cioè appunto dell’arte di vivere lungamente. Hufeland, vissuto tra 1762 e il 1836, fu autore di un’opera un tempo famosa, "Die Kunst das menschliche Leben zu verlängern", pubblicata a Jena nel 1797.
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PUBBLICATO IL : 24-05-2006
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