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Max Scheler: dall'antropologia filosofica del Geist all'antropologia filosofica della Bildung
di Guido Cusinato

 

È arduo valutare l’ultimo periodo della filosofia di Scheler in quanto essa è difficilmente riconducibile agli schemi ancora oggi dominanti: critica il progetto della modernità, ma senza approdare al nuovo credo postmoderno dell’“anything goes”; prende sul serio l’annuncio della morte di Dio di Nietzsche, ma come sfida per sperimentare con ostinazione nuove vie di riflessione su Dio; accetta fino in fondo la sfida dello storicismo, riconoscendo fra i primi la necessità di superare l’etnocentrismo della filosofia europea (l’“europeismo” filosofico), ma rifiutando al contempo la prospettiva del relativismo etico. In questo intervento mi limiterò a esplorare alcuni aspetti del pensiero di Scheler con il proposito di far emergere dietro a essi un’antropologia filosofica ruotante non più attorno al concetto di Geist, bensì a quello di Bildung.
L’eccessiva focalizzazione sul concetto scheleriano di Geist, che ha caratterizzato finora indistintamente tutte le interpretazioni sull’antropologia filosofica,finisce a mio avviso con il determinare una fatale distorsione. La compenetrazione (Durchdringung) fra Geist e Drang è alla base di quella teoria della Stufenfolge della centricità che troviamo sviluppata in Die Stellung des Menschen im Kosmos, essa tuttavia assume un senso per l’antropologia filosofica di Scheler solo quando venga sviluppata in direzione del concetto di persona e di Bildung.
Ma vi è un ulteriore motivo che mi spinge a sostituire la centralità del Geist con quella della Bildung: un’antropologia filosofica focalizzata sul Geist rischia di diventare rapidamente una “metafisica del Geist” che annulla la dimensione della persona, mentre un’antropologia filosofica della Bildung è in grado di recuperare e ridare credibilità all’istanza antiriduzionistica presente nel concetto scheleriano di apertura al mondo. Ma lo fa nella misura in cui rende possibile un modo diverso di fare filosofia non più ossessionato dal sistema, ma attento anche alle ragioni del cuore e della sfera affettiva, un filosofare che possa trovare convergenze sia in autori prossimi a Scheler – penso al tema del risveglio e dell’aurora in María Zambrano – sia in riferimento alla filosofia dell’epimeleia heautou di Pierre Hadot o delle “tecnologie del sé” dell’ultimo Foucault.

 

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PUBBLICATO IL : 23-06-2010


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