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Vittorio De Palma, Il soggetto e l’esperienza. La critica di Husserl a Kant e il problema fenomenologico del trascendentale , Quodlibet, 2001.
di Alessandra Penna

Il libro di Vittorio De Palma si presenta come una ricerca avente per oggetto l'intera opera di Husserl. Con ciò intendo dire che, attraverso l'espediente di un sempre riemergente confronto con Kant, l'opera husserliana è presa in esame davvero nella sua completezza.

La tesi centrale di questo testo, elaborata poi nei suoi diversi aspetti, concerne il modo di intendere il costituirsi dell'esperienza in Husserl. Al contrario di Kant, secondo il quale – sostiene De Palma – l'esperienza si costituisce tutta a partire da una soggettività che la organizza mediante «categorie tratte dalla sua spontaneità» (p.17), Husserl riconosce all'ambito dei dati sensibili una sua autonomia, «prima e indipendentemente da ogni attività del soggetto a cui sono dati» (p.10).

Nell'oscillazione, presente in tutta l'opera di Husserl, tra un'esigenza di fondazione dell'esperienza nella soggettività da un lato, ed una riaffermazione dell'autonomia della sfera sensibile dall'altra, si rende manifesta la compresenza (a volte mediata, altre no), di due filoni del pensiero filosofico, quello dell'idealismo e quello dell'empirismo.

1.La posizione che con forza De Palma tende ad accentuare nelle sue analisi è quella per cui il lato oggettivo dell'esperienza abbia un peso maggiore - una priorità, si potrebbe dire - , rispetto a quello soggettivo: che qualcosa, per esempio un colore, un contenuto sensibile, sia dato in un certo modo e non in un altro non è legato al fatto che la soggettività così lo esperisce. Si tratta piuttosto di una “caratteristica strutturale”, che prescrive a questi dati il modo di darsi ad una soggettività che sia in grado di percepirli (cfr. p. 35). E' ciò che De palma chiama empirismo eidetico . E' bene da subito notare che così dicendo si incorre però anche nel rischio – che invece De Palma non parrebbe voler correre – di evidenziare un altrettanto strutturale dualismo all'interno della riflessione husserliana: la priorità dell'autonomia della struttura dei dati sensibili rispetto ad una soggettività che li percepisca pone un problema relativo alla coesistenza di due ambiti, che invece Husserl, almeno nelle intenzioni, pretenderebbe di aver espunto sin dall'inizio dalle sue analisi. A mio avviso questa questione, lungi dall'esser risolta in partenza, accompagna costantemente le analisi fenomenologiche, fino agli anni '30, ed è un nodo ravvisabile anche nelle analisi dello stesso De Palma. E' quindi alla luce di questo problema che cercherò di ripercorrere, a volte con fine di restituirlo, altre con intento più critico, alcuni passaggi argomentativi e nodi concettuali di questo libro.

Sempre sulla scia del confronto con Kant, De palma mette in evidenza come il punto di vista di Husserl non rifiuti affatto di ammettere che “ciò che è sensibile possa essere normativo” (p.42). Anzi, contrariamente a Kant, proprio la legalità interna di ciò che è sensibile imporrebbe ad una soggettività conoscente il modo in cui questi dati possono essere conosciuti. Secondo De Palma l'impostazione del problema in questi termini eviterebbe di incorrere nel pericolo di antropologismo che anche per Husserl denota (come un limite) l'impostazione kantiana. L'antropologismo sarebbe invece evitato attribuendo al contenuto dell'esperienza la possibilità di strutturarsi da solo, rinvenendo in esso quell'apriori materiale che dà un carattere di necessità alla sfera sensibile, prima della messa in forma da parte dell'intelletto. Accentuando però – mi pare - così un solo lato della costituzione di quest'esperienza, quello oggettivo, e ponendo in secondo piano la questione della donazione di ciò che ha ricevuto questa pre-costituzione. E' infatti solo nell'intuizione e nel darsi di questo contenuto sensibile ad una coscienza si può parlare di vera e propria esperienza fenomenologica.

2.Questa “pre-determinazione” del contenuto sensibile già al livello della sensibilità, fa si che in Husserl – al contrario che in Kant – non vi sia distinzione tra una «logica del contenuto oggettuale a partire dal molteplice sensibile e una logica delle forme della pensabilità analitica del contento oggettuale così costituito». (p.97) Questa distinzione è per altro criticata da Husserl proprio per il fatto che tende a separare la logica dal suo legame con l'esperienza possibile, e quindi a sminuirne il valore conoscitivo.

Inoltre, per quel che riguarda il carattere formalizzante delle categorie, esso è fondato sulla struttura dell'esperienza, di cui esse esplicitano i nessi: a differenza di Kant – sostiene De Palma – in Husserl il problema dell'applicabilità delle forme logiche all'esperienza è del tutto rovesciato. Infatti è il loro esser fondate sull'esperienza sensibile a motivarne la costituzione (p.104).

3.A questo punto diventa allora di fondamentale importanza interrogarsi sulla vera e propria costituzione sensibile, cui De Palma dedica per intero il terzo, ampio capitolo del suo libro. In esso si concede notevole spazio al problema relativo alla formazione del vissuto intenzionale, attraverso il concorso di materia sensibile e forma intenzionale. Nella sua ricostruzione del problema De Palma tende a sottolineare la compresenza in Husserl di due modelli esplicativi tra loro in conflitto.

Da una parte vi sarebbe la posizione, sostenuta nelle Idee , secondo la quale l'apparire di un oggetto invece di un altro dipende dal materiale iletico, modificandosi il quale si modifica anche ciò che appare. Dall'altra invece sarebbe l'apprensione soggettiva che, esercitandosi su dati per sé amorfi, conferirebbe loro un'animazione ( Beseelung ). Sull'importanza di questa questione sono senz'altro d'accordo, salvo precisare che a mio avviso fu lo stesso Husserl ad avvertirne costantemente lo stridore, sino ai tardi anni della sua speculazione. E lo avvertì nei termini di un irrisolto dualismo tra la funzione noetica della coscienza da un lato e quella dei materiali iletici dall'altro, che egli cercò di risolvere assumendo il presente vivente come tale che nelle sue strutture siano ricompresi sia l'io sia una originaria hyle . Ma di questo mi occuperò più avanti.

De Palma sembra invece, come sottolineato in precedenza, voler accentuare questo dualismo, concedendo particolare rilievo alla scoperta husserliana della fenomenologia genetica (che egli giustamente ravvisa anche nelle opere precedenti a quelle in cui essa è esplicitamente tematizzata). Il rinvenimento di una genesi e di una struttura a priori proprie dei dati sensibili, rende questa sfera irriducibile – proprio al contrario di quanto avviene in Kant – all'attività dell'intelletto. L'accentuazione da parte di De Palma di questa autonomia costitutiva della sensibilità, comporta però anche un problema di non poco conto rispetto alle intenzioni husserliane. Con ciò intendo dire che diventa difficile comprendere quale sia l'ambito rispetto al quale si possano distinguere costituzione sensibile e successivo intervento dell'attività dell'io. Sono d'accordo nel ritenere che le analisi iletiche ricevano sempre maggiore rilievo nella riflessione husserliana, ma non altrettanto nel pensare che sia nelle sue intenzioni accordare loro un peso tale da far costituire alla sfera iletica un ambito così altro rispetto all'io.

La prospettiva di De Palma in proposito è ben evidente in un passaggio in cui egli, dopo aver distinto la tesi kantiana da quella husserliana (relativamente al rapporto tra io ed esperienza) così commenta: «Che ogni contenuto sia dato alla coscienza non significa affatto che il modo in cui è dato dipenda dalla coscienza: l'esser dato è proprio di ogni contenuto, il modo in cui lo è varia a seconda della peculiarità del contenuto stesso» (p. 144). La semplificazione cui così si va incontro mi pare eccessiva e, quantomeno, troppo distante dalle intenzioni di Husserl, che non mi sembra mai accentuare in senso così “passivo” il ruolo della coscienza, nella quale e per la quale invece, di ogni contenuto si può dire che è . Con ciò intendo dire che nonostante l'esistenza del problema nei termini in cui lo pone De Palma, radicalizzarlo nel modo in cui egli fa, ha come conseguenza l'accentuazione di un dualismo che, se pur è presente, a mio avviso andrebbe spostato più sul versante della coscienza. Il senso in cui ciò debba intendersi si renderà tra breve più chiaro.

Della distinzione cui sopra accennavo, De Palma sembra trovare conferma anche nelle analisi delle sintesi temporali, che rivelerebbero proprio l'indipendenza di queste ultime dall'attività egologica, e la non immanenza dei dati sensibili rispetto alla coscienza. Su questo punto mi sembra di poter esprimere qualche divergenza rispetto a De Palma, soprattutto alla luce di alcuni tardi manoscritti sul tempo, in cui mi pare si possa rintracciare il tentativo di Husserl di ricondurre la costituzione oggettuale all'io (cosa per altro dichiarata in una nota da De Palma. Cfr. p.180, n.66). Semplificando il problema: esiste un'autonomia dei dati sensibili che progressivamente va accentuandosi nella riflessione di Husserl, ma a mio avviso non nel senso indicato da De Palma, ovvero quello di una netta distinzione di due ambiti, che riproporrebbe – a mio avviso – il problema di una loro mediazione. Piuttosto, la difficoltà mi pare spostata nell'ambito della coscienza, che è quanto vorrei cercare di mostrare, senza con ciò pensare di fornire definitiva soluzione al problema.

4. Quel che De Palma sembra sostenere con determinazione, è l'impossibilità che la costituzione degli oggetti, se fondata trascendentalmente nella soggettività, possa avere carattere oggettivo (p.186). Per questo egli ribadisce più volte, come già osservato, che il costituirsi degli oggetti nella coscienza «non significa però che la coscienza, oltre a essere il luogo della loro costituzione, ne contenga anche il principio » (p.199). Anzi, la costituzione del mondo e dell'esperienza «è indeducibile dalla soggettività» ed ha un fondamento fattuale (p.227). Sull'importanza del dato sensibile nella costituzione dell'esperienza e sul suo venir acquistando sempre maggior rilievo sono d'accordo, come già detto; meno lo sono sul fatto che l'esperienza abbia il suo fondamento a parte obiecti . In primo luogo perché ciò mi sembra un tradimento dell'istanza iniziale della fenomenologia, che in quanto tale si poneva come il piano del superamento del dualismo tra soggetto conoscente e oggetto da conoscere. In secondo luogo perché mi pare si possa sostenere che proprio nelle ultime riflessioni husserliane sia possibile rintracciare il tentativo di ricondurre all'interno dell'ambito della coscienza il problema del rapporto tra il principio soggettivo della costituzione dell'esperienza e quello “oggettivo”.

5. Per concludere vorrei soffermarmi proprio su questo punto, prendendo spunto da qualche citazione degli ancora inediti manoscritti C, risalenti agli anni '30. Husserl scrive che «Tempi, oggetti, mondi di ogni senso hanno da ultimo la loro origine nel fluire originario del presente vivente – o meglio nell'Ur-Ego trascendentale…» (Ms C 2, 5a, 1931). E' evidente dunque l'equazione stabilita tra presente vivente (la cui struttura qui tralascio di indagare nel dettaglio) e Ur-Ego . Secondo De Palma ciò che si costituisce secondo una propria interna legalità, riceve solo successivamente la “presa” da parte dell'io e quindi la soggettività non sarebbe il principio della costituzione del mondo e dell'esperienza. Il manoscritto citato sembra sostenere il contrario, ma c'è di più. Tra le strutture fondamentali del presente vivente, che come appena detto corrisponde all'io originario, Husserl annovera, oltre alla struttura dell'io, quella della hyle . (Ms C 6, 1a, 1930). E' senz'altro vero che sempre in questi manoscritti sono frequenti i riferimenti al fatto che ogni vissuto avrebbe una Ichseite ed una invece estranea rispetto all'io , e che altrettanto spesso si parla di una costituzione che non avrebbe luogo a partire dalle fonti dell'io. Ciò corrisponde a quell'acquisizione di sempre maggiore autonomia da parte del lato materiale.

Quel che mi sembra importante in questi casi di ambiguità del pensiero husserliano è distinguere tra l'intenzione di Husserl da un lato e la cosa stessa dall'altro. A mio avviso l'accentuazione del carattere autonomo della hyle corrisponde all'esigenza, giustamente rilevata da De Palma, di preservare l'ambito per il cui tramite il mondo si manifesta. Dal punto di vista della fenomenologia (e di Husserl di conseguenza), la separazione tra i due ambiti riproporrebbe però quel dualismo che essa vorrebbe dall'inizio evitare.

A me sembra che i passi che ho citato dai manoscritti C manifestino da un lato la consapevolezza che Husserl ha di entrambi i problemi appena esposti, e dall'altro il suo tentativo di conciliarli, di stringerli insieme. La strada per raggiungere questo fine passa per il recupero, nella struttura della lebendige Gegenwart , di io e hyle . Certo è che questo risolve il problema solo in parte, perché il problema della distinzione dei due ambiti immediatamente risorge in quella struttura originaria che dovrebbe esser il risultato della riduzione radicale.

Sono quindi in un certo senso d'accordo con De Palma quando segnala con insistenza questa duplicità di ambiti, o di fonti di conoscenza, si potrebbe dire. Ma ritengo che vada sottolineato con maggior forza il suo ricomparire all'interno della coscienza, che non è affatto un problema risolto in partenza da Husserl.

PUBBLICATO IL : 13-03-2005

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