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Claudio Gnoli, Carlo Scognamiglio, Ontologia e organizzazione della conoscenza , Pensa Multimedia, 2008
di Federica Buongiorno

Il volume di Gnoli e Scognamiglio, corredato da un’ampia ed articolata introduzione di Roberto Poli, fornisce un’agile presentazione dell’ontologia applicata all’organizzazione della conoscenza sotto il duplice profilo della ricognizione storica (nel capitolo redatto da Scognamiglio, Ontologia filosofica e ontologia applicata) e dei molteplici programmi applicativi (nel capitolo ad opera di Gnoli, L’organizzazione della conoscenza e i suoi fondamenti). Si tratta di uno studio su un settore di particolare interesse pratico oltre che teorico, basti pensare alla vasta applicazione incontrata dai modelli di organizzazione della conoscenza nelle biblioteche o, più recentemente, sul web: il pregio del libro consiste proprio nel gettare una luce sistematica su fenomeni che ci vedono oggi più che mai utenti familiari, ma che sono rimasti spesso oscuri nel loro funzionamento ai non-specialisti; dal punto di vista strettamente teorico, il volume fornisce nel contempo, apparendo peraltro in un momento di fervida riscoperta della tematica ontologica in un’ottica interdisciplinare e non più puramente teoretica, non solo uno sguardo d’insieme sullo stato attuale della disciplina ma anche una proposta ontologica peculiare, a partire dal presupposto – come scrive Poli nell’Introduzione – che «tutte le scienze, nessuna esclusa, siano governate dallo scopo di afferrare le leggi dei fenomeni che costituiscono gli ambiti di realtà di cui si occupano. Da questo punto di vista, ogni scienza ha una naturale inclinazione ontologica. L’ontologia stessa, diventa allora il quadro sintetico che aiuta a unificare, sintetizzare, i risultati delle scienze» (p. 14).
            Nel suo contributo, Scognamiglio passa in rassegna alcuni luoghi classici e moderni della riflessione filosofica sull’ontologia, nell’intento di esaltarne la continuità con le problematiche classificatorie: tale operazione risulta condotta in uno stile non meramente introduttivo ma anche propositivo di un peculiare approccio antologico da parte dell’Autore, consistente nel riconoscimento all’ontologia di uno sguardo neutrale sul proprio oggetto, a partire dal precedente hegeliano del “cominciamento” nella Scienza della logica – dal riferimento, cioè, ad un piano in cui «la dimensione soggettiva coglie e descrive la struttura categoriale dell’essere in modo oggettivo, in quanto lo stesso oggetto, come il mondo che abita, è quella struttura “logica” e ontologica» (p. 30). E’ mediante questa modalità di coincidenza tra categorie logiche e ontologiche che è possibile ridurre il punto di vista particolare del soggetto empirico e realizzare una descrizione il più possibile neutrale, individuando una serie di top categories riconoscibili come implicite in tutte le edificazioni ontologiche settoriali.
Scognamiglio parte dall’identificazione di tre possibili “nozioni di ontologia”, poste in reciproco rapporto di possibile fondazione progressiva: la prima nozione richiamata, rispetto alla quale viene verificata la possibilità di una prospettiva ontologica neutrale, è quella di ontologia filosofica o Ontologia 1, intesa come lo studio dell’essere in quanto ente, condotto mediante l’analisi e la deduzione delle categorie ontologiche e della relativa legalità categoriale. Rispetto a questa nozione, viene assunto come riferimento teorico fondamentale il pensiero di Nicolai Hartmann, il quale ha avuto appunto il merito di riproporre la questione ontologica in una cornice realista, cercandone lo sganciamento dal paradigma soggettivistico per riportare al centro l’attenzione sull’oggetto. Proprio a tale sganciamento si connette la “tesi di realtà” enfatizzata da Hartmann, ovvero l’evidenza per cui «il mondo mi si dà – proprio negli atti conoscitivo-coscienziali – in modo tale da apparirmi pienamente reale e indipendente da ogni relazione gnoseologica» (p. 35). Nell’individuare l’imprescindibile “cominciamento” dell’ontologia nella riflessione sull’essere dell’ente, prendendo posizione contro l’hegeliano cominciamento dall’essere indeterminato, Hartmann ripercorre le più significative concezioni dell’ente fornite dalla tradizione, scoprendo in ognuna delle parzialità da integrare, e propone di intendere l’ente come ideale da un lato, e reale dall’altro. Il fulcro della sua proposta consiste nel riconoscere, oltre all’essenza, un peculiare modo di “esistenza” anche all’ente ideale; così come va riconosciuta, oltre all’esistenza, una inerente essenza anche all’ente reale. I due correlati vanno tenuti costantemente insieme, ed è in questo punto che la prospettiva hartmanniana incontra il programma di un’ontologia neutrale: ferma restando, infatti, l’asimmetria della relazione ideale-reale (per cui l’ideale non è condizionato né vincolato all’esistenza di qualcosa di reale), Hartmann pone ogni cura nell’evitare una ricaduta in forme di ontologia “scissorie” (si tratti della distinzione aristotelica tra sostanza e accidente o di quella scolastica tra possibile ed effettuale). Scognamiglio richiama pertanto la teoria stratica della struttura del mondo proposta da Hartmann, evidenziandone il valore di meta-modello, che, se integrato (ma non sostituito) dall’importante contributo offerto dalla teoria generale dei sistemi (qui ripresa in quanto anch’essa – a partire dalla riflessione di von Bertalanffy – ha tentato una teoria “per strati” della realtà), appare recuperabile in un’ottica di organizzazione della conoscenza. Il sistema di riferimenti così approntato (e completato dal richiamo alla teoria dei livelli di realtà di Roberto Poli), dischiude il campo alla seconda nozione di ontologia, quella classificatoria (anche Ontologia 2), il cui momento formale (che integra quello descrittivo) può per l’appunto essere elaborato in sede di ontologia filosofica. Scognamiglio conclude il suo contributo con una considerazione sull’ontologia informatica o Ontologia 3, la cui discussione incrocia il campo delle attuali ricerche sull’intelligenza artificiale: anche questa nozione di ontologia si pone in continuità con le due precedenti, e come l’Ontologia 2 è o può essere fondata dall’Ontologia 1, così l’Ontologia 3 è o può essere fondata dall’Ontologia 2. Scognamiglio avanza infatti l’ipotesi che al difficile problema dell’eterogeneità delle basi di dati, che si presenta all’interno dell’ontologia informatica creando gravi problemi di disaccordo semantico nell’interpretazione e nell’uso dei dati stessi, si possa fornire una risposta efficace proprio mediante la realizzazione di un meta-modello per l’organizzazione dei dati e della conoscenze, basato su fondamenti ontologici.
Il contributo di Claudio Gnoli fornisce una panoramica sui fondamenti dell’organizzazione della conoscenza, intesa come quella «disciplina che si occupa di come la conoscenza prodotta e accumulata dall’uomo possa essere strutturata» (p. 69): lo scopo è perseguito muovendosi sul doppio binario dell’esplicazione di alcuni concetti fondamentali dell’organizzazione della conoscenza, da un lato, e della loro applicazione e messa a punto in una serie di sistemi storicamente succedutisi, dall’altro. Sono così resi apprezzabili l’evoluzione ed il raffinamento dei sistemi proposti, a partire dal primo esempio largamente diffuso (a partire dalla metà del Novecento) di vocabolario controllato, detto tesauro, in cui ogni termine preferito è gerarchicamente legato ad un termine più generale e ad uno o più termini maggiormente specifici, per passare poi alla Classificazione decimale di Dewey (in cui la notazione può essere formata da qualsiasi insieme di simboli per i quali sia stata definita una sequenza convenzionale), con cui si è iniziata a recepire la necessità di un’integrazione tra diverse ontologie al fine di coprire ambiti conoscitivi più ampi, in modo più esaustivo.
Quest’ultima esigenza è indicativa della natura originariamente pragmatica dell’organizzazione della conoscenza, riconoscibile nei due principi-guida della garanzia bibliografica e del “consenso accademico”: nel discutere questo fondamento pragmatico, Gnoli evidenzia come esso possa comportare un rischio di relativismo della conoscenza, «quando si affermi non solo che la pratica è il punto di partenza, ma anche che non è possibile andare al di là di essa, essendo ogni conoscenza funzione esclusivamente del contesto umano che l’ha prodotta» (p. 81). L’esito postmoderno di questa assunzione è stato in effetti l’abbandono dell’aspirazione ad una classificazione universale, in funzione di un più modesto programma di costruzione di una rete globale di saperi, entro la quale collocare gli schemi locali, ispirato al metodo dell’analisi di dominio: Gnoli critica l’esito riduzionista di questa impostazione, evidenziando come essa riduca di fatto l’organizzazione della conoscenza ad una disciplina della sociologia, più che della logica o della filosofia, ed evidenzia nel contempo la contraddizione per cui anche un simile modello, nel momento in cui passa alla condivisione delle informazioni (benché attraverso una rete soltanto globale), è costretto a riferirsi a categorie di interoperabilità che sono presupposte universali. L’aspirazione universale è recuperata dall’approccio epistemologico all’organizzazione della conoscenza, fondato sui «modi nei quali noi conosciamo gli oggetti della realtà, più che sulla natura degli oggetti stessi» (p. 86): si tratta di un modello riscontrabile già in Aristotele e di cui Gnoli ripercorre brevemente lo sviluppo storico evidenziandone l’intreccio con l’impiego di modelli classificatori di tipo ontologico, la cui rilevanza è cresciuta al punto da rivelare un vero e proprio fondamento ontologico dell’approccio epistemologico, risalente in primo luogo a Hartmann ma poi anche ad una costellazione di ricercatori (in particolare E. Bliss, J. Feibleman, D. Austin, I. Dahlberg, E. Mayr), i quali hanno fornito declinazioni di quel fondamento atte ad un sensibile miglioramento dei sistemi di classificazione. Sorvolando sulla parte (la terza) del suo contributo, di natura maggiormente specialistica e tecnica in quanto volta alla chiarificazione degli elementi dell’organizzazione della conoscenza, troviamo che il nucleo della proposta di Gnoli, speculare al punto di vista assunto da Scognamiglio nel proprio saggio, consista nella tesi secondo cui proprio l’integrazione del modello dei livelli di realtà sviluppato principalmente da Hartmann e Feibleman, ed applicato alla classificazione bibliografica da Foskett e Austin, possa costituire «l’ossatura di un sistema di organizzazione della conoscenza capace di presentare l’interconnessione di tutti gli aspetti della realtà e al contempo la loro irriducibile diversità» (p. 132): è questa la chiave di un proficuo ritorno alla prospettiva ontologica, come cornice di riferimento per l’utile costruzione di schemi formalmente ben fondati, in grado di rispondere con sempre maggiore efficacia alle esigenze pratiche di classificazione della conoscenza.

PUBBLICATO IL : 12-05-2009
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