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Anna Maria Pezzella, Lineamenti di filosofia dell’educazione. Per una prospettiva fenomenologica dell’evento educativo , Lateran University Press, 2007
di Federica Buongiorno

Come si evince dal sottotitolo assegnato al suo libro da Anna Maria Pezzella, docente di Filosofia dell’Educazione presso la Pontificia Università Lateranense di Roma, lo scopo del lavoro consiste nell’innestare la riflessione sull’evento educativo all’interno di una prospettiva fenomenologica, con particolare riferimento al pensiero di Edith Stein, cui l’Autrice ha dedicato ampia parte dei propri studi (anche traducendo in italiano alcuni testi dell’allieva di Husserl).

L’operazione teoretica svolta dalla Pezzella si fonda sul preliminare riconoscimento della situazione di scadimento in cui versa attualmente la prassi educativa, che sembra aver smarrito il senso globale di una formazione umana capace di coinvolgere la persona in tutte le sue dimensioni, attraverso la ricerca di un equilibrato orizzonte di significati coinvolgenti l’esperienza umana nel suo complesso. La proposta pedagogica avanzata consiste perciò nel programmatico rinvenimento del senso fenomenologico dell’esperienza umana, non solo al livello teorico ma anche e soprattutto entro il concreto contesto dell’evento educativo, che si dà sempre nella forma della relazione tra due soggetti personali (educatore ed educando): l’intento di coniugare i due aspetti, teorico e pratico, del processo educativo implica il ricorso ad un “metodo sui generis”, quello offerto da una “fenomenologia dell’educazione” in grado di “evidenziare la regione ontologica dell’evento educativo, che ha i suoi cardini nel soggetto in formazione e nell’individuazione del fulcro in cui risiedono libertà e autodeterminazione” (p. 18). Le principali sollecitazioni che sono provenute al discorso sull’educazione dalla tradizione filosofica (l’Autrice esamina in particolare i contributi dati da G. Gentile, J. Maritain, E. Mounier, A.S. Makarenko, A. Gramsci, L. Wittgenstein e J. Dewey) possono essere ricompresi ed approfonditi all’interno di una “ontologia regionale dell’educazione” di ispirazione fenomenologica, centrata sull’essere umano, sui suoi vissuti e sul processo del suo costituirsi come persona cosciente e libera: affinché ciò sia possibile è necessario il riferimento preliminare all’epoché fenomenologica che, mettendo tra parentesi l’atteggiamento naturale e la relativa tesi, dischiude il dominio della “pura coscienza, dei suoi puri correlati e del suo puro io” – come l’Autrice scrive, citando Husserl (p. 42). Poiché tale coscienza si rivela essenzialmente intenzionale, essa ci presenta un essere umano strutturalmente aperto al mondo e proprio tale apertura costituisce la condizione di possibilità della relazione educativa, in cui è in gioco il rapporto tra esseri spirituali all’interno di un mondo che è esso stesso, in qualità di correlato intenzionale, intessuto di spiritualità. All’attenzione che l’educatore deve costantemente prestare all’essere-sempre-collocato nello spazio e nel tempo del soggetto da formare – cui appartiene un vasto e personale mondo di condizioni storiche, culturali, ambientali – deve accompagnarsi una comprensione fenomenologica delle strutture essenziali di questa esperienza personale e dello stesso rapporto educativo: in tal senso, l’Autrice (guidata dalla riflessione di Edith Stein) conduce un’analisi delle strutture della temporalità di coscienza, dell’empatia, del linguaggio (verbale e mimico), la quali fungono da condizioni fondamentali di datità del processo formativo e convergono unitariamente verso il centro rappresentato dalla costituzione dell’io per genesi attiva e passiva. Il soggetto, infatti, riceve il materiale d’esperienza dall’ambiente circostante e lo trasforma attivamente, facendolo diventare comportamento personale: l’io agisce così come fungente secondo atti specifici, che lo caratterizzano quale unità psico-fisico-spirituale, la cui comprensione richiede la considerazione di una molteplicità di componenti. La spiritualità dell’uomo significa innanzi tutto la sua libertà, ovvero la possibilità di una motivazione che, sia essa consapevole o inconscia, interagisce con la causalità naturale determinando ciò che chiamiamo “il comportamento della persona”: questo elemento della libertà, nel suo legame con il tema della motivazione (in senso fenomenologico), implica immediatamente il riferimento alla sfera dei valori all’interno del progetto educativo. Il valore supremo da assumere a guida della prassi formativa non potrà che essere quello della persona umana, concretamente declinato nell’esperienza individuale e sociale di situazioni quali l’amicizia, l’amore, la partecipazione responsabile alla vita della comunità e così via. Al di là delle molteplici manifestazioni storiche di tali valori, è però necessario ai fini educativi individuare il nucleo universale e permanente di essi, ricorrendo alla nozione di essenza fenomenologica: al tempo stesso, è necessaria una integrazione dei tre momenti dell’educazione, dell’istruzione e della formazione, imprescindibile nell’ottica di un armonico sviluppo complessivo della persona umana. L’esigenza di individuare da un lato il nucleo sempre valido dei valori in gioco nel processo educativo e l’attenzione che, dall’altro, va sempre prestata alle differenze individuali nei vissuti personali, implica un “di più” di responsabilità etica all’interno dell’evento educativo, specialmente da parte dell’educatore: “è solo nella responsabilità per l’altro/a che è possibile l’incontro, la crescita ed il cambiamento” (p. 94). Il percorso fin qui tracciato appare compendiato, agli occhi dell’Autrice, nella persona e nel pensiero di Edith Stein, la cui proposta pedagogica è oggetto dello studio svolto nel capitolo conclusivo del libro: tale proposta ruota attorno al perno di una antropologia costruita sulla base del metodo fenomenologico, che riconosce nella pedagogia una vera a propria scienza, benché non autonoma ma fondata su una certa metafisica, su una precisa immagine del mondo e dell’essere umano, e che conclude al riconoscimento dell’uomo come creatura di Dio, corrispondente al suo archetipo divino nella conformità al modello di Cristo. Solo perseguendo tale conformità diventa possibile realizzare “il pieno dispiegamento di tutte le proprie potenzialità” (p. 112): una tale realizzazione completa di sé non può essere compiuta, però, solo al livello individuale ma va sostanziata dall’attività e dagli stimoli provenienti dalle istituzioni sociali coinvolte nella problematica educativa – in primis la famiglia e la scuola. A tal proposito, l’Autrice accoglie il suggerimento di Edith Stein, indicativo del senso profondo della sua proposta educativa, secondo cui “negli istituti di istruzione superiore, l’insegnamento della religione e l’introduzione della filosofia, che la integra, devono rappresentare il coronamento e la sintesi di tutto l’insegnamento teorico”.
PUBBLICATO IL : 11-11-2008
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