| Sommario:  Il saggio affronta la questione del  rapporto tra poesia e dottrina nella Commedia,  rispetto a cui la critica dantesca del secondo Novecento è rimasta impigliata,  salvo rare eccezioni, in un singolare paradosso. Se da un lato ha difeso,  contro Croce, il carattere unitario del poema, professando l’opportunità di non  scindere nell’atto esegetico la valutazione estetica dell’opera dall’analisi  dei concetti (filosofici, religiosi, morali ecc.) che vi sono implicati,  dall’altro ha mostrato, nel passaggio dai principi ai fatti, ben poca  propensione allo studio del pensiero filosofico dantesco. Fanno eccezione, in questo quadro, le esperienze storiografiche che a  vario titolo e da varie prospettive si sono richiamate e si richiamano ancora  oggi, nell’ispirazione di fondo, all’insegnamento di Bruno Nardi, che per oltre  un cinquantennio - dal 1911, anno della tesi di laurea discussa a Lovanio su Sigieri di Brabante e le fonti della  filosofia di Dante, fin quasi alla morte, avvenuta nel 1968 - svolse sul  pensiero dell’Alighieri ricerche di fondamentale importanza, coniugando rigore  filologico, erudizione, tensione speculativa. In rapporto di continuità con la  lezione di Bruno Nardi – e dunque di sostanziale eterodossia rispetto alla  tendenza generale delineata sopra – si pone ora il volume Dante e la filosofia della natura. Percezioni, linguaggi, cosmologie,  titolo sotto il quale Giorgio Stabile ha raccolto una scelta di saggi dedicati,  in un quarantennio di studi, a far emergere contro visioni più parziali  l’intreccio, in Dante, di poesia, religione e scienza.   | 
| Prima pagina:  Relativamente alla questione, assai dibattuta in  passato, del rapporto tra poesia e dottrina nella Commedia, la critica dantesca del secondo Novecento è rimasta  impigliata, salvo rare eccezioni, in un singolare paradosso. Se da un lato ha  difeso, contro Croce, il carattere unitario del poema, professando  l’opportunità di non scindere nell’atto esegetico la valutazione estetica  dell’opera dall’analisi dei concetti (filosofici, religiosi, morali ecc.) che  vi sono implicati, dall’altro ha mostrato, nel passaggio dai principi ai fatti,  ben poca propensione allo studio del pensiero filosofico dantesco. 
     Con la  conseguenza - qui sta il paradosso - che la “struttura”, che pure si voleva, in  obbedienza al dogma anticrociano dell’unità, intrinseca alla poesia e quasi  fusa con questa, è finita progressivamente per occupare una posizione sempre  più marginale nel campo degli studi su Dante.  
     Fanno  eccezione, in questo quadro, le esperienze storiografiche che a vario titolo e  da varie prospettive si sono richiamate e si richiamano ancora oggi,  nell’ispirazione di fondo, all’insegnamento di Bruno Nardi. Il quale, è appena  il caso di ricordarlo, per oltre un cinquantennio - dal 1911, anno della tesi  di laurea discussa a Lovanio su Sigieri  di Brabante e le fonti della filosofia di Dante, fin quasi alla morte,  avvenuta nel 1968, - svolse sul pensiero dell’Alighieri ricerche di  fondamentale importanza, coniugando rigore filologico, erudizione, tensione  speculativa.  
     In  rapporto di continuità con la lezione di Bruno Nardi – e dunque di sostanziale  eterodossia rispetto alla tendenza generale delineata sopra – si pone ora il  volume Dante e la filosofia della natura.  Percezioni, linguaggi, cosmologie (Firenze, Sismel – Edizioni del Galluzzo,  2007, pp. 416), titolo sotto il quale Giorgio Stabile ha raccolto una scelta di  saggi dedicati, in un quarantennio di studi (dal 1970 al 2006), a far emergere  contro visioni più parziali l’intreccio, in Dante, di poesia, religione e  scienza.  
     Il debito  nei confronti di Nardi è riconosciuto, con accenti di autentica devozione, fin  dalla Premessa (p. 8): «uno studioso  – scrive Stabile – che è stato per me un esempio e un indiretto maestro, perché  alla profondità di dottrina e all’acume di analisi univa ciò che rende degna di  uno storico della filosofia la propria professione, la passione intellettuale e  la forza di sentire come propria l’altezza dei problemi speculativi». Parole in  cui l’omaggio trascorre, come si vede, in un germe di riflessione  storiografica, la quale ha poi modo di dispiegarsi compiutamente, nel corpo  della silloge, in tre scritti intitolati nello specifico alla figura e  all’attività scientifica di Nardi (Bruno  Nardi storico della filosofia medievale; Il «De unitate intellectus contra averroistas» di Tommaso, luogo  d’incontro tra Nardi e Gentile; Bruno  Nardi e Virgilio) e volti a ricostruirne, soprattutto i primi due, il  complesso e travagliato rapporto con la cultura italiana del primo Novecento.   |