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Genesi del Manifesto di Ventotene. La filosofia implicita di Altiero Spinelli nei manoscritti del confino
di Francesco Saverio Trincia

Sommario: Nello scorso dicembre è stata ricordata la figura e l’opera di Altiero Spinelli con un Convegno intitolato “Il Manifesto di Ventotene. Radici filosofiche e fondamenti culturali”. Il breve testo che qui presentiamo è una delle relazioni lette in quella occasione. Francesco Saverio Trincia traccia un profilo succinto ma non superficiale dei manoscritti del confino di Spinelli. Il padre del federalismo europeo appare come un pensatore reattivo a molti influssi filosofici e culturali ma sostanzialmente originale: fuoriuscita dal marxismo, bisogno della filosofia, scoperta della permanenza del normativo come strumento che dia ordine alla vita sociale, questi sono solo alcuni dei motivi d’interesse rintracciati da Trincia nei manoscritti. Soprattutto, però, emerge che la politica è da vedersi come una forma fondamentale della vita e della teoria, perché in essa vita spontanea e sua sistemazione intellettuale trovano un punto di sintesi.
Prima pagina:

La lettura degli appunti filosofici di Altiero Spinelli, quasi tutti risalenti al periodo del confino a Ponza e a Ventotene, tra la fine degli anni Trenta e i primi anni Quaranta, riserva la sorpresa di una ricerca filosofica seria, profonda, in qualche misura organica proprio nel suo obiettivo di sottrarsi alla chiusura entro i confini dei grandi sistemi dell’idealismo italiano. Gli appunti non sono soltanto uno strumento importante per completare il quadro della fisionomia di Spinelli, aggiungendo ad essa la pratica del pensiero più volte evocata dalla sua autobiografia e quasi sotterraneamente innervante ogni passo del ripercorrimento “riflessivo” della propria vita, per usare un termine ricorrente del vocabolario filosofico spinelliano. La riflessività richiama l’insostituibilità dello sguardo che dalla vita si rivolge alla vita stessa, distaccandosene per comprenderla, ma senza mai perderla di vista quale base e ambito della riflessione. Non è solo  un interesse storico, dunque, quello che spinge a dare pieno rilievo e a confrontarsi teoreticamente con un edificio filosofico frammentario di fatto, ma non progettato come programmaticamente aforistico e comunque aspirante a raggiungere una qualche forma di interna coerenza.

Ciò richiede che si definiscano i due significati dell’ aggettivo “implicito” di cui ci serviamo per definire l’esercizio filosofico di Spinelli. Per un verso, “implicito” intende segnalare il modo specifico di un esercizio del pensiero che rifugge da ogni forma di progettata e finalizzata volontà di capire grazie  alla cattura del reale entro una rete di concetti. Il termine allude al fatto che Spinelli concepisce la riflessione filosofica come una necessità del pensare tipicamente astratto, che in un certo senso si impone dall’interno della concretezza attiva dell’operare di un uomo della politica e della storia in fieri e futura, presente e da realizzarsi. Per questo motivo, essa gli si configura come una ricerca “genetica”, nel senso dialettico e fenomenologico che il termine ha nella Prefazione e nella Introduzione alla Fenomenologia dello spirito di Hegel, il testo e l’autore di riferimento fondamentali negli appunti, il più frequentemente citato.
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PUBBLICATO IL : 18-07-2008
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