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Paci e la fenomenologia del negativo
di Raffaele Bruno

Sommario: La fenomenologia del negativo, a vario titolo presente nella riflessione di E. Paci, è qui delineata nei suoi tratti essenziali: quelli dialettico-fenomenologici dell’ambivalenza, del paradosso, della contraddizione immanente, della compresenza dei contrari. Il problema del negativo è difatti problema fenomenologico per eccellenza: si tratta di pensare la struttura dell’esperienza senza ricorrere ad una logica già costituita ma risalendo, in un processo di riduzione trascendentale, alle sintesi originarie che definiscono le sfere dell’esistenza – della percezione, del corpo proprio, del bisogno, dell’agire intersoggettivo, del linguaggio, dei saperi scientifici, ecc. Come mostra la figura della speranza, l’esperienza, per poter essere, deve potersi presupporre non solo come ‘qualcosa’ di possibile, che in qualche modo ‘già c’è’, perché non avrebbe altrimenti di ‘che’ esperire, ma altresì come possibilità possibile, che come tale non è se non come limite critico. In questa differenza tra possibilità ‘reale’ e possibilità possibile, tra due limiti non solo negativi ma opposti, il senso radicale della fenomenologia di Paci, sia rispetto a Marx e a Bloch, sia rispetto a Hegel, a Croce e allo stesso Husserl.
Prima pagina:

1. «Il senso del nuovo discorso, anche teologico, è il senso della vita come prassi e della verità in una società di soggetti fondati e cioè di soggetti sempre nuovi e sempre rinnovati in se stessi, nella storia, nel mondo». Così Enzo Paci nel suo ultimo capolavoro, Idee per una enciclopedia fenomenologica del 1973, a conclusione di un serrato confronto col marxismo ‘utopico’ di Ernest Bloch.
   In questione è il concetto di “speranza” come concetto di ciò che è  storico solo in ragione di uno scarto, di una disgiunzione, di una sproporzione, di una eterogeneità tra presente e futuro, che richiama subito il concetto di “prassi” come trasformazione, movimento, divenire, ‘progresso’. Questa eterogeneità tra presente e futuro, che in Bloch è utopica, in Paci assume i caratteri fenomenologici del negativo, possiamo dire: i caratteri, sempre presenti a vario titolo nella sua riflessione, dell’ambivalenza, del paradosso, della contraddizione immanente, in altri termini, della compresenza incontraddittoria dei contrari. In una filosofia come quella blochiana, notava difatti subito Paci, «nella quale il futuro e l’utopia sono la vita del presente, e nella quale la materia è l’orizzonte infinito del futuro e della realizzazione del possibile, la ‘speranza’ non è una vaga espressione, ma una struttura richiamata immediatamente dal divenire, dalla storia, dalla trasformazione, dal progresso». La « ‘direzione’ della storia», il divenire è difatti «decisa dalla vita della speranza in azione» . Come dice prassi, “decisione”, volontà, così “divenire” dice “speranza in azione”.

   Chiaro che qui sono richiamati strati di senso differenti e come tali correlati, in stratificazioni diverse che occorre cogliere volta a volta. Si tratta difatti di capire un fenomeno complesso, un Erlebnis concreto, che contiene in sé, come suo substrato, tutti quegli Erlebnisse del sentimento e del volere, ossia – con le parole di Husserl (qui evidentemente richiamato) - «di piacevolezza e spiacevolezza, del valutare in ogni senso, di desiderio, di decisione, di azione … che contengono parecchie, e spesso molte, stratificazioni intenzionali, noetiche e corrispondentemente anche noematiche».Quanto alla sfera della volontà, che rientra come momento essenziale in quell’Erlebnis concreto che è “speranza vissuta”, nel senso – precisava appunto Paci – «di esperienza di fatto provata dal soggetto e dai soggetti nella storia», da un lato, scriveva Husserl in Idee I, al decidere «appartengono momenti noematici» ossia strati di senso, «di molte specie. Alla base delle posizioni di volontà stanno posizioni di valore, posizioni di cose e così via. D’altro lato troviamo la decisione come una specie di oggettività appartenente al territorio della volontà che è fondata manifestamente in altre simili oggettività noematiche». Una volta «neutralizzate tutte le nostre posizioni, il fenomeno della volontà conserverà, come Erlebnis fenomenologicamente puro e intenzionale, il suo ‘voluto come tale’, come noema proprio del volere: ‘l’intenzione della volontà’, e precisamente nel modo in cui è ‘intenzione’ (Meinung) di questa volontà, e con tutto ciò che è voluto e ‘su cui’ si vuole».
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PUBBLICATO IL : 26-02-2008
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