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Il sistema dei valori del marxismo italiano e il pensiero di Antonio Gramsci
di Francesco Saverio Trincia

Sommario:

Questa relazione, scritta in occasione di un convegno, mette al centro della riflessione un presupposto teorico fondamentale del pensiero di Gramsci, un presupposto non esplicito ma, secondo l’autore, chiaramente presente e attivo nelle riflessioni dei Quaderni dal carcere. Il presupposto è quello del disconoscimento sostanziale del valore dell’etica a vantaggio di un predominio della politica concepita in termini non diversi da quelli di Machiavelli. Questo fatto, paradossalmente coincidente con l’agire di un uomo come Gramsci che è stato anche esempio di elevata moralità e di eroico impegno civile, non è una componente tra le altre del pensiero di Gramsci, ma qualcosa che lo caratterizza fondamentalmente.
La mancanza di una analisi circostanziata di questo “carattere fondamentale” della figura più rappresentativa del marxismo italiano è, secondo l’autore, all’origine della debolezza teorica delle posizioni della “sinistra” italiana.
Il saggio è dunque interessante non solo dal punto di vista degli studi su Gramsci ma, e forse ancor più, come esempio del ruolo che la riflessione filosofica può svolgere, del suo saper essere, in questo caso, un sapere non finalizzato ma proprio per questo prezioso per un agire umano onesto e consapevole dei propri principi ideali.

Prima pagina:

Considero essenziale ed urgente per l’affermarsi di una consapevolezza teorica e politica orientata verso ciò che viene chiamato la “sinistra” , la cui debolezza attuale dipende dalla esclusione di ogni riflessione teorica sui motivi di una discontinuità radicale, e dunque dal silenzio della filosofia, l’analisi critica approfondita dell’antropologia filosofica e morale dominante nei rappresentanti della vicenda storica del marxismo italiano tra gli anni trenta e gli anni ottanta del secolo scorso. Tale vicenda, ormai conclusa, è divenuta oggetto di riprese o aggiornamenti miranti a mantenere in vita un continuismo non teorico in senso stretto, ma spirituale, antropologico e dunque comportamentale , in ogni caso rilevante sul piano della considerazione morale. Nei casi in cui questo sotterraneo e inesplicito continuismo è mancato, tale vicenda è stata del tutto obliata, nel senso specifico che è stata rimossa, dai suoi stessi protagonisti o da coloro che si sono proclamati fino ad un certo momento suoi eredi. Nel migliore dei casi, essa è stata oggetto di serie ricostruzioni storiche. Molto raramente (forse mai) si è avvertito l’incombere dell’obbligo di una riflessione filosofica orientata dalla problematica assiologica e dunque guidata dalla finalità di ricostruire la fisionomia morale media dei marxisti italiani. Altrettanto raramente (forse mai, almeno in modo consapevolmente sistematico), si sono applicate le risorse concettuali del pensiero critico alla comprensione di quella vicenda inestricabilmente politica e teorica. Come conseguenza della più generale distrazione o rimozione dell’interesse ad esercitare criticamente il pensiero, si è del tutto trascurato il riconoscimento della tematica principale intorno a cui la filosofia del marxismo italiano è venuta svolgendosi. Per dirla in breve, non si visto che tale centro è costituito da un complessa ‘macchina’ concettuale alimentata da una potente ideologia, mirante a costruire valori, e dunque configurantesi nei fatti, anche se non nei propositi, come una problematizzazione etica, oltre che rivolta alla ridefinizione della fisionomia stessa dell’etica. A tale macchina ideologica è stato assegnato il compito di produrre e diffondere un’etica destinata a diventare senso morale collettivo e condiviso.
La circostanza, per molti versi stupefacente, che tale tipo di riflessione critica non si sia configurata come un procedimento autocritico da parte degli intellettuali-politici dai quali, dopo la fine del marxismo italiano e soprattutto dopo la fine del comunismo, ci si sarebbe potuti aspettare una messa a punto radicale e drammaticamente impietosa di una coscienza teorica e di una convinzione etica che i tempi storici obbligavano a considerare estinte, non è l’ultima delle cause della mortificante assenza di una nuova coscienza, di un nuovo sapere etico e politico della sinistra italiana oggi. Mancherebbe un elemento essenziale al quadro che stiamo tracciando per spiegare il senso e l’obiettivo generale delle analisi di alcuni brani del Quaderni del carcere di Antonio Gramsci, se non si aggiungesse subito che un aspetto cruciale caratterizzava la fisionomia  intrinsecemente etica della cultura, del modo stesso di essere e di pensare, prima ancora che della filosofia e della prassi dei marxisti italiani. Si tratta della circostanza che il nucleo etico di tale cultura doveva, per il fatto stesso che esso veniva fatto funzionare da motore e da organizzatore della configurazione complessiva di un gruppo concepitosi come il partito della rivoluzione italiana guidata dalla “filosofia della praxis”, essere nascosto, occultato, persino programmaticamente negato e disconosciuto .

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PUBBLICATO IL : 12-12-2007
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