| Sommario: Ben  poco s’è indagato in ambito filosofico sulla continuità della riflessione  politica di Rousseau e Gramsci e solo nell'ultimo decennio s'è aperta la  riflessione in merito in America Latina. Se certamente evidente è la ricezione  gramsciana della riflessione idealista e hegeliana in particolare – più volte  da Gramsci esplicitamente testimoniata –, non altrettanto lo è la ricezione dei  contribuiti del pensatore ginevrino, riscontrabili quasi unicamente in  relazione agli scritti, per dir così, "pedagogici" di Gramsci.  Tuttavia tale mancata evidenza della presenza di Rousseau nella lettera dei  testi gramsciani non esclude affatto una riflessione sulla ricezione dello spirito della filosofia rousseauiana, tanto più se consideriamo come sia ben  presente nella filosofia hegeliana stessa la valorizzazione e rielaborazione  del pensiero politico di Rousseau ed in particolare del concetto di volonté  générale. | 
| Prima pagina: A  partire dal rifiuto d'ogni visione meccanicistica del rapporto fra struttura economica e sovrastruttura politico-ideologica, Gramsci configura il  comunismo quale «società regolata». Per comprendere tale definizione e le sue  radici teoriche – che individueremo nel concetto gramsciano di «volontà  collettiva nazionale-popolare» – richiameremo brevemente l'attenzione sul  concetto di volonté générale sistematizzato nella riflessione politica  di uno dei più significativi pensatori della tradizione politica moderna:  Jean-Jacques Rousseau.Non  v'è dubbio che ben poco s’è indagato in ambito filosofico sulla continuità  della riflessione politica di Rousseau e Gramsci e solo nell'ultimo decennio  s'è aperta la riflessione in merito in America Latina. Se certamente evidente è  la ricezione gramsciana della riflessione idealista e hegeliana in particolare  – più volte da Gramsci esplicitamente testimoniata –, non altrettanto lo è la  ricezione dei contribuiti del pensatore ginevrino, riscontrabili quasi  unicamente in relazione agli scritti, per dir così, "pedagogici" di  Gramsci. Tuttavia tale mancata evidenza della presenza di Rousseau nella lettera dei testi gramsciani non esclude affatto una riflessione sulla ricezione  dello spirito della filosofia rousseauiana, tanto più se consideriamo  come sia ben presente nella filosofia hegeliana stessa la valorizzazione e  rielaborazione del pensiero politico di Rousseau ed in particolare del concetto  di volonté générale. Nonostante aspre critiche, Hegel interiorizza  numerosi motivi del pensiero politico del ginevrino. 1) Per un verso difatti,  Rousseau parrebbe rientrare a pieno titolo nella tradizione contrattualista,  legando il proprio nome al principio della volontà soggettiva. Rousseau -  sostiene Hegel -, «ha colto la volontà soltanto nella forma determinata della  volontà singolare» e perciò ha poi  inteso (fraintendendola) la dimensione universale della volontà sovrana. Egli  infatti la ha ritenuta «non come il razionale in sé e per sé della volontà, ma  solo come ciò che è comune, come il  risultato cosciente dell’incontro fra le volontà dei singoli». Ma risultato di  ciò è che «l’unione degli individui nello stato diviene un contratto, il quale ha quindi per base il loro arbitrio». 2) In  realtà Hegel rileva in seconda battuta come fu lo stesso Rousseau a dissolvere dall’interno, più o meno  consapevolmente, l’idea secondo cui la collettività risulterebbe da una mera  sommatoria d’interessi individuali e dunque lo stesso paradigma  contrattualista. Per un verso, infatti, Rousseau riconosce nel comune la  nascita della società moderna come il divaricarsi fra base materiale del  lavoro salariato e forme del riconoscimento giuridico (non v’è passaggio immediato fra individuo e Stato così  come non v’è fra singoli governati, in balia di interessi parziali e  dell’individualismo proprietario, e volonté générale). Tuttavia tale  passaggio, mediato fenomenicamente da un lungo e doloroso processo storico, in  ultimo essenzialmente si rivela atto pratico di ragione collettiva al di là di interessi empirici. Per dirla con  Rousseau: «Subito al posto della persona singola di ogni contraente, quest'atto  di associazione crea un corpo morale e collettivo, [...] che riceve da  quest'atto stesso la sua unità, il suo io comune, la sua vita e la sua  volontà», parrebbe quasi in senso trascendentale. Sorprende non poco  l'assonanza semantica e concettuale con le affermazioni di Antonio Gramsci nei Quaderni  del carcere in merito «allo stato etico o di cultura». Se per un  verso Gramsci più volte riconosce esplicitamente il proprio debito nei  confronti di Hegel in merito, per l'altro diversamente dalla concezione  hegeliana -  «propria di un periodo in  cui lo sviluppo in estensione della borghesia poteva apparire illimitato» e  dunque l’eticità o universalità di essa poteva essere affermata nei termini:  tutto il genere umano sarà borghese - Gramsci sostiene che unicamente a seguito  del superamento della partizione in classi sarà possibile realizzare uno Stato  compiutamente etico, corrispondente all’inveramento-superamento del suo  concetto in «un organismo sociale unitario tecnico-morale».
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